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Désobéir au colonialisme

Nonostante i fiumi di parole e d'inchiostro che sono stati versati sulla "decolonizzazione", il colonialismo non è morto, ma ha soltanto cambiato pelle per adeguarsi ai tempi. Da Cipro al Kurdistan, dal Tibet alla Polinesia "francese", il pianeta è ancora ricco di colonie, anche se in omaggio a un pudore verbale radicato questo termine viene usato molto raramente.
Non solo, ma il colonialismo odierno dispone di mezzi economici, diplomatici e culturali che quello classico non aveva.
In Italia, purtroppo, il tema è oggetto di un disinteresse quasi totale, mentre lo stesso non può dirsi della Francia,dove la lunga tradizione coloniale ha stimolato una sensibilità  sociale e culturale che si esprime frequentemente. Anche in campo editoriale, come conferma il libro Désobéir au colonialisme (Le passager clandestin, Neuvy-en-Champagne 2014, pp. 64, € 5).
Il libro, come si diceva, è nato in Francia, che molti si ostinano a considerare la "patria dei diritti umani" pur sapendo che possiede ancora numerose colonie; che nega il riconoscimento delle proprie minoranze; che è sempre pronto a intervenire con le armi quando si tratta di difendere i propri interessi economici (vedi Libia). In ogni caso si tratta di un libro istruttivo per tutti, dato che parla di fenomeni globali.
Il libro accusa apertamente la logica dello "sviluppo", un termine seducente dietro il quale si nasconde il sistema neocoloniale della mondializzazione. Di conseguenza, l'anticolonialismo diventa uno strumento essenziale per chi vuole combattere questo (dis)ordine mondiale basato sul predominio dell'economia e della finanza.Speriamo quindi che un editore italiano decida di tradurlo. 
Il collettivo "Les désobéissants", fondato nel 2006 da Xavier, si muove in una logica ecologista e pacifista.
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