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Dopo la caduta del comunismo è mancata, almeno in Italia, una seria riflessione storica sul dissenso che era stato attivo nei paesi dell'Europa centrale e orientale durante la dittatura e sulle sue derivazioni più recenti. L'editoria anglofona, al contrario, ci offre numerosi studi che colmano questo vuoto. Uno dei più recenti è il volume curato da Friederike Kind-Kovács e Jessie Labov, Samizdat, Tamizdat, and Beyond: Transnational Media during and after Socialism (Berghahn, Oxford 2013, pp. 378, $120.00).Al libro hanno contribuito vari specialisti della materia, fra i quali Agnes Arndt, Ann Komaromi, Martin Hala e Valentina Parisi.Il volume offre un panorama dei media utilizzati dai dissidenti nella loro lotta contro il conformismo: dalla stampa alla radio, dai video a Internet. In questo modo gli autori ci ricordano che il dissenso non appartiene al passato, ma che la sua storia lo proietta nel futuro. In altre parole, che è una realtà viva e pulsante. Non soltanto in certe parti dei paesi suddetti, ma anche in Algeria, Bielorussia, Birmania, Corea del nord, etc.
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Negli anni passati abbiamo sottolineato più volte che i popoli indigeni sono particolarmente interessati dai mutamenti climatici. Davanti a un tema così importante, per il quale si stenta a trovare una vera soluzione, era ormai giunta l'ora di fare il punto della situazione e delle sue prospettive. A questo hanno provveduto Randall S. Abate ed Elizabeth Ann Kronk, curatori del libro Climate Change And Indigenous Peoples: The Search for Legal Remedies (Edward Elgar Publications, Cheltenham 2013, pp. 616, £140.00). L'opera fornisce un panorama esaustivo che spazia dal Brasile alla Scandinavia, dal Pacifico al Nepal. Al libro hanno contribuito esperti come Lillian Aponte Miranda, Naomi Johnstone, Jingjing Liu e Judith V. Royster. Grazie alle diverse competenze il tema viene inquadrato in tutti i suoi aspetti: ambientale, economico, politico, sociale, etc.Opera utile e attuale, "Climate Change and Indigenous Peoples" mette in evidenza quello che i popoli indigeni stanno facendo per contrastare gli effetti negativi dei mutamenti climatici e la contemporanea inerzia dei rispettivi paesi.
L'editore Effekt! di Egna/Neumarkt (Bolzano) ha pubblicato un libro di eccezionale interesse, che colma un vuoto nella pubblicistica italiana: Georg Klotz: Una vita per l'unità del Tirolo (pp. 360, € 19). Scritto da Eva Klotz, la prima dei sei figli di Georg, il volume è l'edizione italiana di "Georg Klotz. Freiheitskämpfer für die Einheit Tirols" (Molden, Graz 2002). La traduzione è di Nerio De Carlo. Il volume ripercorre in modo dettagliato la vita di Klotz, figura centrale dell'attivismo indipendentista sudtirolese.
Il fatto che questa stagione politica sia stata consegnata alla storia con l'etichetta di "terrorismo" non dovrebbe comunque farci dimenticare una cosa molto importante. Se noi pensiamo al terrorismo espresso da alcune minoranze europee nell'ultimo mezzo secolo, i primi casi che vengono in mente sono quello basco e quello nordirlandese. Entrambi hanno lasciato dietro di sè una lunga scia di sangue. Klotz e gli altri separatisti sudtirolesi degli anni Sessanta, al contrario, facevano saltare i tralicci dell'alta tensione: una scelta che naturalmnte può essere contestata, ma che non può essere equiparata alla logica omicida degli altri. Fu stato soltanto in una seconda fase, in seguito all'infiltrazione di alcuni neonazisti austriaci e tedeschi, che la genuinità delle proteste originarie venne compromessa e accantonata. Ci furono dei morti, ma Georg Klotz non uccise nessuno.
Inoltre, cosa che molti omettono o ignorano, bisogna ricordare che l'Italia si comportò in modo vergognoso, rifiutando a lungo di attuare il patto De Gasperi-Gruber che era stato firmato nel 1946. Fu necessario l'intervento dell'ONU perché il governo di Roma cambiasse atteggiamento.
Comunque la si pensi, la figura di Georg Klot merita il massimo rispetto: mosso da ideali sinceri, mai compromesso con il potere politico, è morto esule in Austria nel 1976.
La lettura di questo libro stimola quella riflessione sul tema che in Italia non è stata mai fatta, anche perchè il contesto sudtirolese non poteva esercitare il richiamo antifascista che invece si sarebbe manifestato pochi anni dopo per popoli soggetti alla dittatura (i Baschi con la Spagna franchista) o al colonialismo classico (i nordirlandesi).
Scritto con inevitabile coinvolgimento emotivo, ma sempre fedele ai fatti, il libro ci aiuta a comprendere un momento importante della storia recente, distorto o cancellato da quasi tutti i media italiani.
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