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Murs rebelles Iconographie nationaliste contestataire: Corse, Pays Basque, Irlande du Nord

Il conformismo veicolato da certi media, insieme a una buona dose di pigrizia mentale, ci ha spinto a caricare il termine "nazionalismo" di due significati contrari ma anchespeculari: per alcuni si tratta di una superiorità che legittima l'oppressione, per altri di un cancro da combattere. Sebbene entrambe le idee siano fondate, non dobbiamo mai dimenticare che esiste anche un nazionalismo di liberazione: basti pensare alla lotta kurda o palestinese, tanto per fare qualche esempio.
Anche in Europa ci sono stati molti esempi di questo fenomeno. I più noti riguardano l'Irlanda del Nord, i Paesi Baschi e la Corsica. Oggi le forti tensioni che queste regioni esprimevano negli ultimi decenni del secolo scorso sono scomparse o si sono notevolmente ridimensionate, ma si tratta di casi che continuano a stimolare l'interesse degli studiosi.  
Lo conferma un volume di grande interesse, Murs rebelles. Iconographie nationaliste contestataire: Corse, Pays Basque, Irlande du Nord (Karthala, Paris 2014, pp. 180, € 22), realizzato da 
Xavier Crettiez e Pierre Piazza. Il libro è associato alla mostra sullo stesso tema che si è tenuta all'Università di Versailles Saint-Quentin-en-Yvelines (14 dicembre 2012-15 febbraio2013.
L'opera contiene centinaia di fotografie che documentano l'iconografia connessa ai tre casi suddetti: dagli elaborati murales di Belfast e Derry alle scritte spartane di Ajaccio e Bastia, il libro analizza una realtà politica che al di fuori del caso nordirlandese ha sempre ricevuto poca attenzione al di fuori dei territori interessati. Una disattenzione molto grave, perché in questo modo, fra l'altro, sono nate assurde equazioni fra il terrorismo separatista e fenomeni completamente diversi come le Brigate Rosse.
Sebbene sia stato fortemente legato al separatismo, il fenomeno non si è esaurito in questo, coinvolgendo anche orientamenti politici meno radicali ma comunque desiderosi di ridefinire il rapporto fra centro e periferia. Non è infatti un caso che i tre stati in questione - Francia, Gran Bretagna e Spagna - siano gli eredi diretti di tre grandi potenze coloniali.       
Il libro non vuol essere un'esaltazione dei fenomeni suddetti, ma fornire gli elementi per capire cosa abbiano significato. A questo proposito l'iconografia ci offre una chiave dilettura diversa rispetto ai tanti libri già pubblicati sul tema.  
Ecco il sommario:
 
 
Introduction
I. Héroïsation de la lutte armée
1. Le ribellu
2. Les autres organisations de lutte armée
II. Marquage des territoires
1. Le Road Sign Protest
2. La communautarisation de l’espace
III. Identitarisme et référentiels historiques
1. La spéculation foncière et immobilière
2. La Grande Famine
IV. Construction des martyrs et soutien aux prisonniers
1. La guerre sale au Pays Basque
2. Le Dirty Protest
V. Intimidations et menaces
1. L’impôt révolutionnaire
2. L’affaire de l’Union Jack
VI. Propagande partisane
1. Les partis régionalistes en Europe
2. Segi et la Kale Borroka
VII. Dérives et travestissements
1. Racisme et xénophobie
2. Sport et propagande nationaliste
VIII. Ouverture vers d’autres luttes
1. Marxisme, altermondialisme et nationalisme
2. Les «nègres roux» : le mouvement des droits civiques

Xavier Crettiez insegna Scienze politiche all'Università di Versailles Saint-Quentine-Yvelines. Ha scritto numerosi libri sulla questione corsa e su quella basca, fra i quali "La question corse" (Complexe, 1999).
Pierre Piazza, laureato in Scienze politiche, fa parte della redazione della rivista "Cultures et Conflits". Inoltre collabora a vari progetti accademici.
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Whāia te Māramatanga

Whāia te Māramatanga (in lingua maori "cerca la conoscenza") è il titolo del nuovo CD di Rob Thorne, un musicista maori che suona quasi esclusivamente strumenti tradizionali della propria cultura (noti col nome collettivo di "taonga puoro"). La sua musica, però, non può essere definita "tradizionale", dato che Thorne proviene dal rock e usa anche strumenti elettronici.    
Il disco (Rattle Records, 2014) contiene due suite, "Whāia Te Māramatanga", divisa in otto parti, e "Pursue Enlightenment Suite", divisa in sette. Thorne ci propone una musica evocativa che attinge alla cultura maori ma la trasforma e la proietta nel futuro. In due brani compare come ospite Richard Nunns, un neozelandese bianco che suona strumenti tradizionali maori e che ha svolto un ruolo fondamentale nella loro riscoperta.
La musica maori prevede una ricca varietà di strumenti, fra i quali flauti, percussioni, trombe, oltre a quelli costruiti con le conchiglie e quelli che imitano i suoni degli animali.
"Whāia te Māramatanga" verrà presentato ufficialmente il 28 febbraio alla Hunter Concert Chamber della Victoria University (Kelburn, Wellington). L'autore sarà presente ed eseguirà alcuni brani del disco.
Il disco, inoltre, ci permette di conoscere un'etichetta molto interessante, fondata nel 1991 da Steve Garden, Tim Gummer e Keith Hill. Traendo ispirazione dall'etichetta ECM, i tre hanno già realizzato un catalogo stimolante, dove tradizione e contemporaneità si fecondano in vari modi. Fra i molti CD pubblicati spicca "Te Ku Te Whe" (1994), inciso da Richard Nunns insieme a Hirini Melbourne un musicista maori di grande rilievo, purtroppo scomparso nel 2003.
Fra i numerosi artisti che incidono per la Rattle ricordiamo Jeff Henderson, Marylin Crispell, The Jac, il suddetto Nunns e John Psathas.  
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Oil Sparks in the Amazon: Local Conflicts, Indigenous Populations, and Natural Resources

In buona parte dell'Europa, da alcuni anni, i problemi ambientali sono sostanzialmente assenti dal dibattito politico. Il motivo è evidente: nessuna forza politica mette in discussione il modello di sviluppo basato sul dogma dello sviluppo e del progresso. Gli ambientalisti sono quasi scomparsi; i pochi che sono rimasti hanno abbracciato la logica che prima rifiutavano. Le idee che difendevano negli anni Ottanta del secolo scorso, quando si occupavano dell'Amazzonia, di Mount Graham, degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico, sono un ricordo lontano.
Oggi i problemi di allora sono ancora presenti; non solo, ma in certe aree del pianeta si sono addirittura aggravati. In Amazzonia, per esempio.
Ce lo ricorda Patricia I. Vásquez, autrice del libro Oil Sparks in the Amazon: Local Conflicts, Indigenous Populations, and Natural Resources (University of Georgia Press, Athens [GA] 2014, pp. 200, $24.95 / $79.95, E-book $24.95).
Il libro esamina i conflitti derivati dalle estrazioni petrolifere che vengono realizzate in Colombia, Ecuador e Perù. Particolare attenzione viene data alla protesta dei popoli indigeni, prime vittime di questa logica dissennata. Naturalmente l'autrice analizza con cura le pesanti ricadute culturali e ambientali: dalla contaminazione delle acque agli effetti sulla salute, dalle dispute territoriali alle tensioni fra maggioranze e minoranze.
Il libro non si limita a criticare lo status quo, ma propone varie soluzioni per prevenire o contenere i conflitti suddetti.
Patricia I. Vásquez è un'esperta indipendente che si occupa di temi ambientali. Ha lavorato con vari organismi internazionali.
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Operazione Paperclip

Ormai sappiamo tutti che durante gli anni della guerra fredda, nel nome dell'anticomunismo, sono state tollerate o addirittura volontariamente realizzate mostruosità analoghe a quelle che venivano (giustamente) addebitate ai paesi comunisti. Sarebbe onesto se qualche esponente politico lo ammettesse, ma non succederà, tanto meno ora che la politica è soggiogata alla logica dell'economia e quindi non ha tempo né voglia di pensare a questi temi scomodi. 
Fortunatamente, però, ci sono dei giornalisti che rifiutano il conformismo e scavano nel passato per portare alla luce pagine di storia che non troveremo mai sui testi scolastici. 
È il caso di Annie Jacobsen, autrice del libro Operazione Paperclip (Piemme, 2014, pp. 580, € 20), che esce in contemporanea con l'edizione originale, pubblicata da Little, Brown and Co.
Dopo la caduta del Terzo Reich, gli Stati Uniti non potevano permettere che l'inestimabile capitale di scienziati e medici tedeschi, col loro corredo di progetti e sperimentazioni, andasse perduto o finisse nelle mani dei sovietici.L'Office of Strategic Services (OSS) e poi la CIA trovarono questi uomini e li misero sotto contratto. In cambio offrirono loro una reputazione immacolata, una casa, uno stipendio e documenti falsi. 
Uno di loro era Wernher von Braun, ideatore dei missili V1 e V2. Un altro era Theodor Benzinger, inventore del termometro auricolare e direttore di un centro sperimentale. Un altro ancora era Otto Ambros, chimico ad Auschwitz. Quest'ultimo sarebbe stato poi coinvolto nella produzione del talidomide, il farmaco prescritto alle gestanti come tranquillante che avrebbe causato la nascita di oltre 10.000 bambini malformati.
Il libro di Annie Jacobsen ci permette di conoscere meglio realtà in parte già conosciute. Crimini per i quali nessuno ha pagato e nessuno pagherà, perchè sono stati compiuti con l'avallo di quella che molti si ostinano definire "la più grande democrazia del mondo".
Annie Jacobsen, giornalista statunitense, collabora a diverse testate, fra le quali il "Los Angeles Times Magazine". Ha pubblicato diverse opere su temi controversi della storia americana recente, fra le quali "Area 51. La verità, senza censure" (Piemme, 2013).
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Journaliste "apatride"

Fra il 1960 e il 1980 l'esercito turco ha realizzato tre colpi di stato. Molte persone - intellettuali, giornalisti, registi, esponenti politici - si sono schierati apertamente contro le 
varie giunte militari, che invece sono state tollerate o addirittura appoggiate da alcuni governi europei.
Fra questi dissidenti merita particolare attenzione Dogan Özgüden, un giornalista che ha dedicato la propria vita alla difesa della libertà d'opinione, delle minoranze, dei diritti civili e sindacali. Özgüden ha raccontato la propria esperienza nel libro Journaliste "apatride" (ASP, Bruxelles, pp. 624, € 24,95). Il volume è la traduzione francese dell'originale turco, edito dall'autore con il titolo omonimo "Vatansiz" gazeteci.
Il giornalista, costretto a lasciare la Turchia, si è stabilito in Belgio, dove vive tuttora.
Insieme alla moglie Inci Tugsavul ha promosso molte iniziative politiche e culturali: libri, riviste, convegni, dischi. La coppia ha parlato di temi a lungo proibiti in Turchia, come il genocidio delle minoranze cristiane e l'antisemitismo. Sempre invisi al potere, che li ha perseguitati in vario modo, i due sono stati privati della cittadinanza turca nel 1984.
Dal 1975 guidano l'agenzia di stampa Info-Türk, che pubblica un prezioso bollettino mensile su tutto quello che riguarda la Turchia: politica, cultura, problemi delle minoranze, etc.  Questo impegno, che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti di vario tipo, rappresenta un esempio illuminante di lotta nonviolenta per la libertà. 
 
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La Corse, le cactus de la République

Le rare volte che la nostra stampa parla della Corsica, in genere, si concentra su pochi stereotipi: attentati, corruzione, violenza. Problemi che sicuramente esistono, ma che non bastano a dare un'idea corretta di quanto accade nell'isola. Fortunatamente l'editoria francese propone una ricca scelta di testi per chi voglia andare oltre questi stereotipi.
Il più recente è Le cactus de la République, scritto da Paul Bernard. Il volume (Editions du Cherche-Midi, Paris, pp. 273, € 17) sottolinea giustamente che non si può continuare a parlare dell'isola come di una realtà fastidiosa, vedendone soltanto le spine (da cui il titolo), ma che è venuto il momento di considerarne anche i fiori.
Secondo l'autore, quindi, la Francia deve assumersi le proprie responsabilità e risolvere i problemi sociali, politici ed economici isolani. 
Bernard è convinto che in Corsica esistano forze capaci di trasformare l'isola in una realtà moderna e dinamica. Per questo chiama Parigi a fare la propria parte.
Il libro conferma che la questione corsa non ha soltanto un rilievo locale, ma rappresenta un tema di portata nazionale che riguarda l'intera Francia.
Paul Bernard, già prefetto in varie regioni francesi, fra le quali la Corsica, è laureato in legge. Fra i suoi libri precedenti ricordiamo "Au nom de la République" (Odile Jacob, 2000).
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Emmaar

Il 10 febbraio esce Emmaar sesto CD gruppo dei Tinariwen, il gruppo di musicisti tuareg che da diversi anni gode di larga fama. Il disco (Wedge, 2014, distr. it. Self), prodotto da Patrick Votan, contiene 11 brani. 
Nel nuovo lavoro compaiono anche numerosi ospiti, fra i quali Josh Klinghoffer, chitarrista dei Red Hot Chili, il violinista Fats Kaplin e il poeta Saul Williams.
Il titolo significa "calore sulla brezza", alludendo alle alte temperature del Sahara ma anche alle tensioni politiche della regione (in particolare nel Mali). Proprio per queste il disco non è stato registrato nel Sahara, come i precedenti, ma nel deserto californiano. Il fascino della musica, comunque, è ancora lo stesso.  
Il gruppo sarà in Italia per due concerti: a Milano (Circolo Magnolia, 1 marzo) e a Como (Teatro Sociale, 2 marzo).
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Rwanda: Un génocide en questions

Il 6 aprile cadrà il ventesimo anniversario del genocidio ruandese, che fece circa un milione di vittime, in larga prevalenza tutsi.
A questa tragedia è dedicato Rwanda: Un génocide en questions (Editions du Rocher, Paris 2014, pp. 278, € 20,90), il nuovo libro di Bernard Lugan, autorevole africanista francese.
Il volume fornisce un'attenta ricostruzione del genocidio, mettendone in evidenza le cause, le conseguenze e il contesto internazionale nel quale si svilupparono i tragici fatti del 1994. Come sempre, Lugan scava sotto le apparenze per darci un quadro più ampio e più composito di quello che viene fornito dai media. 
Bernard Lugan (Meknès, 1946), già docente in vari atenei, ha pubblicato molti  libri su questioni africane. Fra questi ricordiamo "Décolonisez l'Afrique!" (Ellipses Marketing, Paris 2011) e "Les guerres d'Afrique : Des origines à nos jours" (Editions du Rocher, 2013). Inoltre dirige la rivista "L'Afrique réelle".
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Mountains Of Tongues: Musical Dialects of the Caucasus

La regione caucasica, situata fra il Mar Nero e il Mar Caspio, tocca sei stati: Armenia, Azerbaigian, Georgia, Iran, Russia e Turchia.
Questo vasto territorio (circa 440.000 kmq) custodisce una grande varietà culturale, linguistica e religiosa, sicuramente una delle maggiori presenti sul pianeta. Non si tratta soltanto  
di popoli resi noti dall'attualità, come Armeni, Ceceni e Kurdi, ma anche di tante comunità piccole e ignote: Avari, Hemshin, Lesgi e molti altri.
Naturalmente questa varietà si riflette nella musica. Per documentare questo patrimonio prezioso ma sostanzialmente sconosciuto è nato il Sayat Nova Project, ideato da Ben Wheeler, Stefan Williamson-Fa e Anna Harbaugh.
Fra il novembre del 2012 e il giugno del 2013 gli studiosi convolti nel progetto hanno attraversato l'Armenia, l'Azerbaigian e la Georgia per registrare brani eseguiti da musicisti locali che suonavano una grande varietà di strumenti e cantavano in una decina di lingue.  Una parte del materiale che è stato raccolto si trova adesso in "Mountains of Tongues: Musical Dialects of the Caucaus" (Living Music Dupli-cation, 2013). Disponibile in LP o scaricabile da Internet, il disco contiene 19 brani e coinvolge una cinquantina di musicisti. Fra questi, il Pankisi Ensemble ('Song In Chechen') e Miqayel Voskanyan ('Eshkhemet').
Il disco è un documento musicale e culturale di grande importanza: è quindi auspicabile che presto sia disponibile anche in CD, perché questo permetterebbe una maggiore diffusione.
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Oceania: Neocolonialism, Nukes and Bones

Remota e dimenticata, per molti quasi inesistente, l'Oceania merita invece molta attenzione, soprattutto da parte di coloro che si occupano di 
questioni indigene. Infatti è proprio grazie al costante silenzio mediatico 
che questo continente, un tempo considerato una specie di paradiso, è stato trasformato in un inferno. Basti pensare ai gravissimi danni fisici 
derivanti da causati da mezzo secolo di esperimenti nucleari; al colonialismo manifesto (Papua Occidentale, Polinesia "francese") o occulto (Hawai'i); agli effetti dei mutamenti climatici in atto.
Fortunatamente l'editoria anglofona dedica un'attenzione costante a questi 
argomenti, come conferma il libro Oceania: Necolonialism, Nukes and Bones, 
scritto da André Vltchek e pubblicato da Atuanui Press (pp. 258, $45 NZD). 
La prefazione è di Noam Chomsky, il celebre linguista americano famoso anche 
come strenuo difensore dei diritti umani, mentre l'introduzione è firmata da 
Steven Ratuva (School of Maori and Pacific Studies, University of Auckland).
Il volume è una raccolta di articoli dedicati a temi molto importanti, primo 
fra tutti le gravi conseguenze del colonialismo e del neocolonialismo che 
hanno trasformato il continente.
"Oceania: Necolonialism, Nukes and Bones" è anche un forte grido d'allarme che vuole portare all'attenzione mondiale la tragica situazione di culture antichissime che rischiano di sparire nell'indifferenza generale.
Merita attenziona nche la casa editrice, con sede a Pokeno (Nuova Zelanda), che pubblica prevalentementemente saggistica relativa all'Oceania.
André Vltchek, saggista, analista politico e fotografo, è nato a Leningrado 
(San Pietroburgo) nel 1963. Ha una conoscenza approfondita dell'Oceania, 
dove ha viaggiato e vissuto per cinque anni. Ha scritto numerosi libri, fra 
i quali "Western Terror: From Potosi to Baghdad" (Mainstay Press, 2006), 
"Indonesia: Archipelago of Fear" (Pluto Press, 2012) e "On Western 
Terrorism: From Hiroshima to Drone Warfare" (Pluto Press, 2013), scritto
insieme a Noam Choamsky. Collabora fra l'altro ad Asia Times, CounterPunch e Newsweek. Ha realizzato anche alcuni documentari, fra i quali ricordiamo "Rwandan Gambit" e "Turkey between East and West".
Per altre informazioni:

http://atuanuipress.co.nz

Hevra / Together

Recentemente è uscito Hevra/Together, il nuovo CD della cantante kurda Aynur Doğan (meglio nota come Aynur).
Il disco (Sony BMG, 2013), registrato a Madrid e a Boston, propone una sintesi stimolante di musica kurda e flamenco. Prodotto dal chitarrista spagnolo Javier Limón, il nuovo CD consolida il rilievo internazionale che Aynur ha guadagnato negli anni scorsi.

Aynur Doğan è nata nel 1975 a Çemişgezek (Turchia). Quindi si è stabilita a Istanbul insieme alla famiglia. Qui ha studiato musica e ha pubblicato il suo primo CD, "Seyir" (2002), seguito da "Kece kurdan" (2004), poi dichiarato fuorilegge dal tribunale di Diyarbakır, secondo il quale i testi inneggiano alla resistenta kurda.  
Successivamente la cantante ha realizzato altri tre CD: "Nûpel" (2005), "Güldünya Şarkıları" (2008) e "Rewend" (2010). 
Per altre informazioni:
 

Corse, terre de non-violence?

La rivista francese "Alternatives non-violentes" dedica l'ultimo numero (169) alla Corsica, e in particolare al problema della violenza: una scelta opportuna, dato che negli ultimi tempi l'isola è caratterizzata da una marcata recrudescenza di questa piaga sociale. 
Il numero, che ha per titolo Corse, terre de non-violence?, non si concentra solamente sul fenomeno, ma dedica ampio spazio alle iniziative popolari che cercano di promuovere una cultura capace di contrastare la nuova ondata di violenza.
Chi ha una scarsa sconoscenza della realtà corsa potrebbe pensare che questa violenza nascesse nell'ambiente del terrorismo separatista, ma la realtà è molto diversa.  
A questo numero hanno contribuito fra gli altri Kim Altmeyer, Jean-Charles Adami, Jean-François Bernardini e Jacques Fusina. Spicca inoltre un'intervista a Edmond Simeoni, figura storica dell'autonomismo corso che ha sempre rifiutato il ricorso alla violenza e alla clandestinità.
"Alternatives non-violentes", nata nel 1973, analizza i meccanismi sociali, culturali e politici con i quali sia possibile diffondere una cultura della nonviolenza. Pubblicata con cadenza trimestrale, dedica ogni numero a un tema specifico. Alla rivista, oggi diretta da Alain Refalo, collabora una ricca varietà di studiosi, giornalisti, teologi, sociologi, etc.
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No Change in Sight: The Situation of Religious Minorities in post-Mubarak Egypt

Oggi più che mai, la difesa delle minoranze non deve limitarsi a quelle culturali e linguistiche, ma deve includere una rinnovata attenzione per quelle religiose.
Basti pensare alla grave situazione in cui versano quelle musulmane come gli Uiguri musulmani della Cina e i Rohyngia della Birmania, oppure quelle cristiane come gli Assiri dell'Irak e i Copti dell'Egitto. La nuova pubblicazione del Minority Rights Group, No Change in Sight: The Situation of Religious Minorities in post-Mubarak Egypt, si concentra appunto sulle minoranze religiose del paese nordafricano.
Grazie a un lavoro sul campo e a un'attenta ricerca sui giornali egiziani il rapporto mette in evidenza la crescente intolleranza della quale sono vittime le numerose minoranze religiose del paese africano: Baha'i, Copti, Testimoni di Geova, etc. La discriminazione non risparmia neanche i musulmani sciiti.   
Il fascicolo, scritto da Mohamed M. Mohieddin, denuncia la politica governativa, l'inerzia della polizia, il comportamento irresponsabile di molti organi d'informazione e l'odio religioso espresso da larghi settori della maggioranza musulmana. 
Buona parte dell'indagine è stata realizzata fra il maggio e il giugno dello scorso anno, poco prima che il presidente Morsi fosse destituito, ma la situazione è tuttora molto grave.
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Les Coptes d'Egypte: Discriminations et persécutions (1970-2011)

Ormai l'entusiasmo per la cosiddetta "primavera araba" che aveva interessato alcuni paesi nordafricani e mediorientali negli ultimi anni sembra un ricordo lontano. In molti casi, infatti, la scomparsa di autocrati come Gheddafi e Mubarak ha lasciato spazio all'intolleranza religiosa dei musulmani.
A farne le spese sono state soprattutto certe minoranze religiose, come i Copti dell'Egitto. La discriminazione nei loro confronti, comunque, non è una novità degli ultimi anni, ma dura da da molto tempo. 
A ricostruire questa storia sostanzialmente ignota in Europa provvede Christine Chaillot, autrice del libro Les Coptes d'Egypte. Discriminations et persécutions (1970-2011).
Il volume (L'Harmattan, [Paris] 2013, pp. 320, € 28,50) non mette in evidenza soltanto fatti e dati già riportati dalla stampa periodica, ma inquadra in maniera chiara e sistematica tanti particolari ignoti, costruendo un affresco storico prezioso e stimoalnte.
La grande maggioranza dei Copti aderisce alla Chiesa copta ortodossa, che conta almeno 12 milioni di fedeli (15% della popolazione).
Christine Chaillot, ginevrina, è una specialista del cristianesimo ortodosso. Fra le sue opere, "Vie et spiritualité des Églises orthodoxes orientales des traditions syriaque, arménienne, copte et éthiopienne" (Le Cerf, 2011). 
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Arctic Yearbook 2013

Recentemente è stato pubblicato il secondo numero del prestigioso Arctic Yearbook, un volume annuale dedicato ai problemi geopolitici, culturali ed economici della regione artica.
La pubblicazione, diretta da Lassi Heininen, contiene articoli scientifici su argomenti di grande interesse per studiosi, esponenti politici, ricercatori, giornalisti e in genere persone che vogliono approfondire questa tematica.
La pubblicazione è realizzata dal Northern Research Forum (NRF) e dall'UArctic Thematic Network on Geopolitics and Security.
Mentre la prima edizione (2012) era stata dedicata al tema "Arctic Strategies and Policies", quella più recente si concentra su "The Arctic of Regions vs. the Globalized Arctic", in altre parole l'impatto della globalizzazione sulla regione in oggetto.
Gli articoli sono divisi in quattro sezioni: The Globalized Arctic; The Arctic of Regions; Circumpolar Relations in Interesting Times; Arctic Resource Politics and Policy.
Fra i temi trattati, la fondazione dell'Arctic Council Permanent Secretariat con sede a Tromsø (Norvegia); le nuove tecnologie; la politica energetica russa; il nuovo ruolo della Cina e dell'India nella regione artica; i problemi della pesca. Naturalmente un certo spazio viene riservato anche ai temi che riguardano i popoli indigeni.
La pubblicazione è accessibile gratuitamente su Internet:
 

Hidden Genocides: Power, Knowledge, Memory

La tematica articolata del genocidio è oggetto di un interesse che continua a esprimersi in libri, riviste e convegni di ottimo livello.
In tale contesto si inserisce un libro molto stimolante, Hidden Genocides: Power, Knowledge, Memory, curato da Alexander Laban Hinton, Thomas La Pointe e Douglas Irvin-Erickson. Il volume (Rutgers University Press, Newark [NJ] 2013, pp. 248, $28.95 / $80.00) è una raccolta di saggi scritti da alcuni specialisti di livello internazionale: Daniel Feierstein, Donna-Lee Frieze, Krista Hegburg, Alexander Laban Hinton, Adam Jones, A. Dirk Moses, Chris M. Nunpa, Walter Richmond, Hannibal Travis ed Elisa von Joeden-Forgey.
Come si intuisce dal titolo, il libro si concentra su alcuni genocidi dimenticati o addirittura ignoti. Questo conferma che l'attenzione accademica per la materia non si limita a studiare casi già ben noti come la Shoah o recenti come la tragedia ruandese, ma svolge un ruolo attivo cercando di strappare all'oblio tragedie sostanzialmente ignote all'uomo della strada.
Dal genocidio dei Circassi a quello degli Aborigeni australiani, dallo sterminio degli Assiri a quello degli Indiani nordamericani, il libro offre un ampio panorama dei più recenti studi accademici sulla materia.
Alexander Laban Hinton, direttore del Center for the Study of Genocide, Conflict Resolution and Human Rights Genocide and Human Rights (Rutgers University, Newark, New Jersey), è docente associato di Antropologia e Affari Globali alla Rutgers University). Ha curato vari volumi, fra i quali "Genocide: An Anthropological Reader" (Blackwell, 2002) e "Genocide: Truth, Memory, and Representation" (Duke, 2009).
Thomas La Pointe, giornalista, è Assistente di Letteratura al Bergen Community College. 
Douglas Irvin-Erickson fa parte del Center for the Study of Genocide, Conflict Resolution and Human Rights suddetto.
Per altre informazioni:
 

Resistanbul

Un libro che mancava: stiamo parlando di Resistanbul, il libro dove la giornalista Roberta Zunini racconta la rivolta popolare che si è sviluppata nella metropoli turca durante il 2013. 
Il volume (Imprimitur, Padova 2013, pp. 160) ricostruisce accuratamente il contesto sociale e politico dal quale è scaturita la rivolta. 
Il racconto della giornalista mette in evidenza la politica del premier Erdogan, che ha limitato la libertà in modo pesante. 
La Turchia, che oggi ha quasi ottanta milioni di abitanti, sta subendo un rapido processo di islamizzazione: un cambiamento che ci riguarda molto da vicino. A novant'anni dalla fondazione della repubblica laica e centralista emerge un paese pericolosamente in bilico tra europoeismo e oscurantismo religioso.
Opera sintetica ma non frettolosa, "Resistanbul" è un valido strumento per conoscere questa realtà vicina ma ancora largamente ignota.
Roberta Zunini, allieva di Indro Montanelli, ha lavorato per "Il giornale". Oggi scrive su "Il fatto quotidiano". Ha viaggiato molto per lavoro e ha collaborato con per Michele Santoro. Attenta osservatrice della regione mediorientale, cura un blog molto interessante su questi temi.
Per altre informazioni:   
 

L’unità nella diversità: Religioni, etnie e civiltà del Kazakhstan contemporaneo


Il tema insolito e il prestigio scientifico dell'editore fanno del libro L’unità nella diversità: Religioni, etnie e civiltà del Kazakhstan contemporaneo un'opera di particolare interesse.

Curato da Dario Citati e Alessandro Lundini, il volume è frutto di un lavoro collettaneo dei ricercatori dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausialiarie (IsAG).
L'opera contiene documenti originali kazaki tradotti in italiano e un'intervista inedita.
Il Kazakhstan, che ha raggiunto l'indipendenza nel 1991 in seguito alla dissoluzione dell'Unione Sovietica, è uno degli stati più eterogenei del mondo in termini culturali e religiosi.
Nel suo vasto territorio si contano infatti oltre 130 gruppi etnici e 40 confessioni all'interno di una popolazione di 16 milioni di abitanti. La strategia perseguita per governare su una realtà così eterogenea si è concretizzata nell'adozione di una serie complessa di principi generali e di provvedimenti legislativi che sono stati riconosciuti tra i più riusciti al mondo riguardo alla convivenza interculturale. 
Il libro verrà presentato martedì 10 dicembre 2013 (ore 16) nel corso della tavola rotonda che si svolgerà nella Sala Zuccari del Senato della Repubblica (Palazzo Madama, Piazza Madama, Roma) per discutere approfonditamente di questa tematica. 
Per prendere parte all'iniziativa è necessario registrarsi tramite l’apposito formulario (http://www.geopolitica-rivista.org/contatti/). Non saranno accettate iscrizioni dopo le ore 12 del giorno 9 dicembre.
Per altre informazioni:
 

Scotland's Future: Your Guide to an Independent Scotland

Nei giorni scorsi il governo regionale scozzese ha pubblicato il volume Scotland's Future, un "libro bianco" dove espone in modo chiaro e dettagliato le proprie tesi sull'indipendenza dal Regno Unito. Dall'economia alla cultura, dalla pesca alle relazioni internazionali, ogni possibile curiosità trova una risposta.
Il referendum sull'indipendenza dela Scozia si svolgerà il 18 settembre 2014.
Il libro può essere richiesto gratuitamente a referendumwhitepaper@scotland.gsi.gov.uk o scaricato dal sito http://scotgov.publishingthefuture.info/publication/scotlands-future  
Chi vuole essere aggiornato sullo svolgimemto della campagna referendaria e sulle argomentazioni dei due campi troverà ampie informazioni sul sito http://noscotland.net
 

Bobby Holcomb, l'enchanteur du Pacifique

Artista singolare e stimolante, purtroppo ignoto in Europa, Bobby Holcomb viene accuratamente tratteggiato da Dorothy Levy e Bruno Saura nel libro Bobby Holcomb, l'enchanteur du Pacifique
(Editions Au vent des îles, Pirae 2013, pp. 376, FCP 2667).  
Nato nell'isola di Oahu (Hawai'i) nel 1947, Bobby era figlio di un afroamericano e di una luso-hawaiiana. Fin da bambino fu attratto dalle leggende del Pacifico. Nel 1976 arrivò a Tahiti e decise di viverci. Affabile e sorridente, si impose in pochi anni come musicista e pittore. 
Il suo stretto legame con la cultura polinesiana non gli impedì di collaborare con artisti di altri paesi, fra i quali Jimmy Buffett, insieme al quale scrisse la canzone "One Particular
Harbour".
Inoltre ebbe contatti con Frank Zappa e con Salvador Dalí. Insieme ad altri artisti e intellettuali polinesiani costituì Pupu Arioi, un vivace movimento culturale che non esitò a prendere posizioni politiche precise, schierandosi apertamente contro il colonialismo francese, gli esperimenti nucleari e lo sradicamento culturale veicolato dai missionari.
Purtroppo l'impegno multiforme di Bobby fu interrotto bruscamente dalla malattia mortale che lo colpì alla fine degli anni Ottanta. L'artista morì nel 1991, quando aveva soltanto 44 anni.
La sua carica umana e il suo talento artistico hanno lasciato un ricordo tuttora molto vivo. Questa biografia scritta da Bruno Saura e Dorothy Levy, che lo hanno conosciuto personalmente e hanno collaborato con lui, è uno strumento prezioso per conoscere questo grande artista.
La sera, quando i polinesiani guardano il cielo, possono vedere il volto sorridente di questo ribelle gentile che veglia su di loro e li invita a non arrendersi.
Bruno Saura (Metz, 1965), antropologo francese, è docente di Civiltà polinesiana all'Université de la Polynésie française di Punaauia. Ha pubblicato vari libri, fra i quali "Pouvanaa a Oopa, père de la culture politique polynésienne. Avec le journal de Pouvanaa o Oopa 1942-1944" (Au vent des îles, 1998) e "Tahiti Ma'ohi, Culture, identité, religion et nationalisme en Polynésie Française (Au vent des îles, 2009).
Dorothy Levy, nata in California, vive a Tahiti dall'età di 22 anni. Ha collaborato a lungo con Bobby Holcomb. Fondatrice dell'associazione Opu Nui, ha collaborato con l'archeologo Yosi Sinoto. Tiene regolarmente conferenze sulla cultura polinesiana e sull'opera di Bobby Holcomb.
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