homepage » Recensioni
spacerprevious1  2  3  4  5  6  7  8  9  10  11  12  13  14  15  16  17 spacerspacer

A Bird is Not a Stone

A Bird is Not a Stone è un'antologia di poesia palestinese contemporanea tradotta da 25 poeti scozzesi, fra i quali John Glenday, Alasdair Gray, Jackie Kay, Liz Lochhead e William Letford.
Il volume (Freight Books, Glasgow 2014, pp. 272, £9.99), curato da Henry Bell e Sarah Irving, propone un panorama della grande varietà che caratterizza l'universo poetico della minoranza mediorientale. La raccolta propone alcuni nomi celebri ed altri emergenti. 
Fra i poeti tradotti, Othman Hussain, Mohammed Lafi, Sami Muhanna, Samih Mohsen, Zakaria Mohammad e Taher Riyadh.
Nelle poesie abbondano i riferimenti alla situatione tragica in cui versa la minoranza palestinese, che proprio in queste settimane viene colpita in modo spietato dall'esercito israeliano.
Naturalmente esiste un abisso fra la condizione attuale degli Scozzesi e quella dei Palestinesi, ma appunto perciò è bello vedere che una fortunata minoranza europea non ha dimenticato la tragica situazione in cui si trova un'altra minoranza molto meno fortunata, il cui futuro appare sempre più precario. 
Una dimostrazione esemplare di solidarietà culturale e di sincero internazionalismo.
Per altre informazioni:

 

Fighting against Western Imperialism

Prezioso e prolifico, il giornalista russso Andre Vltchek ha appena pubblicato un nuovo libro, Fighting against Western Imperialism (Badak Merah press, Jakarta 2014, pp.164, $18.00), dove  attacca frontalmente il dogma occidentalista che viene propagandato in ogni parte del mondo.
Il volume propone 10 articoli che Vltchek ha scritto durante alcuni viaggi che gli hannno permesso di conoscere da vicino certe zone critiche del pianeta.
Analista acuto e smaliziato, l'autore analizza anche il ruolo di certi "movimenti d'opposizione", dimostrando che il loro reale obiettivo è quello di sostenere gli Stati Uniti.
Dato il tema in questione, è necessario un chiarimento. Sappiamo che in Italia il termine "imperialismo" è orami caduto in disuso e che odora di veteromarxismo, ma tutto questo non accade nei paesi anglofoni, dove il termine "Empire", riferito evidentemente all'imperialismo occidentale (quindi americano) viene usato normalmente da scrittori e giornalisti.  
Inoltre, l'autore non è un giovanotto velleitario che gioca a fare il rivoluzionario, ma un giornalista serio e competente che vuole evidenziare quello che i mezzi d'informazione - tranne rarissime eccezioni - nascondono accuratamente.  
André Vltchek, giornalista, analista politico e fotografo, è nato a Leningrado (San Pietroburgo) nel 1963. Ha una conoscenza approfondita dell'Asia dell'Oceania. Ha pubblicato molti libri, fra i quali "Western Terror: From Potosi to Baghdad" (Mainstay Press, 2006), "Indonesia: Archipelago of Fear" (Pluto Press, 2012) e "Oceania: necolonialism, Nukes and Bones (Atuanui Press, 2013). I suoi libri sono stati tradotti in bahasa indonesia, coreano, francese, spagnolo e turco. Ha realizzato anche alcuni documentari, fra i quali ricordiamo "Rwandan Gambit" e "Turkey between East and West".
Per altre informazioni:
 
http://badak-merah.weebly.com

Grabbing Back: Essays Against the Global Land Grab

L'aggressione spietata delle multinazionali, che stanno cercando di spremere il pianeta come un limone, non risparmia nulla. Neanche la terra, quindi: perfino un giornale come "Io donna"  
ha sentito il bisogno di mettere in evidenza la spoliazione territoriale che colpisce popoli sparsi in varie regioni del pianeta (Fulco Pratesi, "Terra, l'ultima conquista", 5 luglio 2014, pp. 28-33). 
A denunciare questa grave minaccia che incombe sul nostro futuro provvede il libro Grabbing Back: Essays Against the Global Land Grab (AK Press, Oakland [CA] 2014, pp. 264, $15.00), curato
da Alexander Reid Ross.
Al volume hanno contribuito studiosi come Noam Chomsky, Grace Lee Boggs, Vandana Shiva e altri.
Il libro descrive dettagliatamente il fenomeno, ma non si limita a questo: per la prima volta, infatti, cerca di delineare una serie di azioni volte a invertire questa tendenza. 
Alexander Reid Ross è un giornalista impegnato su temi sociali e ambientali. Vive a Portland (Oregon/Stati Uniti).
Per altre informazioni:

State of the World's Minorities and Indigenous Peoples 2014 Focus on Freedom from Hate

Negli ultimi tempi, in seguito a un complesso insieme di fattori sociali e politici, l'intolleranza e l'odio nei confronti delle minoranze ha raggiunto livelli davvero preoccupanti. Basti pensare alla crescita dell'estremismo islamico in alcuni paesi asiatici e africani; al successo elettorale dei partiti neofascisti in Grecia e Ungheria; alla questione palestinese, sempre più complessa e sempre più incancrenita; alla persecuzione delle minoranze cristiane (Egitto, Irak, Nigeria) e musulmane (Birmania, Cina). Perfino religioni note per la propria tolleranza, come il buddhismo e l'induismo, hanno cominciato ad assumere un atteggiamento minaccioso nei confronti delle confessioni minoritarie.
Proprio per questo il Minority Rights Group ha scelto come tema centrale del suo nuovo State of the World'S Minorities and Indigenous Peoples "Freedom from Hate" (Liberi dall'odio).  
Il prezioso rapporto annuale dell'ONG britannica sottolinea con forza che in numerose parti del mondo le minoranze linguistiche, religiose e i popoli indigeni sono oggetto di campagne denigratorie e di persecuzioni fisiche, molte delle quali poco note e trascurate dai mezzi d'informazioni. Al rapporto hanno contribuito come sempre esperti prestigiosi, fra i quali Farah Mihlar e Carolyn Stephens.
Inoltre, come sempre, la condizione di tutte le minoranze del pianeta viene analizzata sinteticamente secondo un ampio numero insieme di parametri (autonomia, diritti linguistici, etc.) 
Il rapporto può essere acquistato o scaricato gratuitamente dal sito indicato sotto.
Il Minority Rights Group International, fondato a Londra negli anni Sessanta del secolo scorso, è una delle più attive organizzazioni per la difesa delle minoranze e dei popoli indigeni.
Sul suo sito si trova anche un'ampia scelta di pubblicazioni. Il rapporto annuale suddetto viene pubblicato dal 2005; fra i temianalizzati finora, ricordiamo i mutamenti climatici (2008), le minoranze religiose (2009) e le donne (2011).
Per altre informazioni:
 

Moana: The Rising of the Sea

Nel giugno scorso si è tenuta a Bonn una conferenza sui mutamenti climatici organizzata dall'ONU. Anote Tong, presidente di Kiribati (un arcipelago dell'Oceania grande come l'Islanda), ha
ricordato che il suo paese è condannato a venire sommerso dal Pacifico. Non si trattava di un'opinione personale, ma di una previsione scientifica relativa agli effetti del riscaldamento globale. Anche le isole Marshall, Tuvalu e le Maldive, ha detto Tong, si trovano in questa situazione.
La logica dello "sviluppo", questo dogma al quale i paesi del Nord del mondo e la Cina nonpossono rinunciare, produce un inquinamento che rappresenta un pericolo mortale per il futurodella
Terra.
Le isole del Pacifico sono fra le prime vittime dei mutamenti climatici causati da questa logica.
Il film Moana: The Rising of the Sea (2014), scritto e diretto da Vilsoni Hereniko, mette in evidenza i gravi problemi che i popoli autoctoni del Pacifico devono affrontare a causa dei mutamenti climatici. Il lungometraggio denuncia l'impatto culturale, ambientale ed economico del fenomeno.
"Il film mette in evidenza la dimensioneumana dei mutamenti climatici, quello che si prova quando si deve abbandonare la propria terra e tutto quello che ci è caro" ha detto Hereniko per descrivere il film. Paradossalmente la sua nuova opera è stata finanziata dall'Unione Europea, che è fra i primi resposabili dei problemi suddetti.
Un'opera importante che dovrebbe essere vista e diffusa anche in Italia, dove l'interesse per i problemi ambientali è sempre più scarso.
Vilsoni Hereniko (Mea, isole Figi, 1954) è uno scrittore, regista e docente universitario. Ha scritto e diretto fra l'altro "The Land Has Eyes", il primo film realizzato nelle isole Figi. Dal 2002 al 2008 ha diretto la rivista accademica "The Contemporary Pacific". Insegna letteratura, teatro e cinema al Center for Pacific Islands Studies (University of Hawai'i, Honolulu). Per altre informazioni:
 

Il lato oscuro del Brasile

Non è facile, in queste settimane dominate dai Mondiali di calcio, parlare del Brasile che non compare in TV, cioè quello delle gravi ingiustizie che sono state fatte per poter realizzare la grande manifestazione sportiva. Ma Survival International, coerente col suo impegno, denuncia Il lato oscuro del Brasile con una pagina monografica ricca di informazioni:www.survival.it/coppadelmondo
Tutti dovrebbero leggerlo, soprattutto coloro che si limitano a vedere due facce del paese sudamericano: da una parte, la grande potenza economica, dall'altra le masse di poveri che vivono nelle favelas. La realtà non è così semplice: esistono anche i popoli indigeni, che oltre a vivere in condizioni precarie vengono dimenticati dai media e dall'opinione pubblica.
La pagina suddetta è un invito a ricordare che esistono anche loro, e che per realizzare questi Mondiali i loro diritti sono stati calpestati ancora una volta. 

Artlink Indigenous: Blackground

La rivista australiana "Artlink" dedica il quarto numero della serie "Indigenous" al tema Blackground.
Il fascicolo (XXIV, 2, 2014), curato di Carly Lane e Glenn Iseger-Pilkington, si concentra su numerose esperienze dell'arte aborigena contemporanea: dalla pittura alla scultura, dall'arte visuale agli artisti che lavorano il vetro e la ceramica. Occorre sottolineare che non si tratta più di un tema marginale: oggi le opere degli artisti aborigeni contemporanei sono esposte regolarmente nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, mentre a Utrecht è attivo un museo interamente dedicato a queste forme espressive.
Fra gli autori, Daniel Browning, Robert Cook, Julie Dowling, Lola Greeno, Yinimala Gumana e Douglas Watkins.
Per altre informazioni: 
 

La guerre des autres

Negli ultimi mesi il centenario dell'inizio della Prima Guerra Mondiale ha stimolato una grande attenzione mediatica e accademica: articoli, conferenze, libri, trasmissioni radiofoniche e televisive. Uno dei contributi più recenti è quello che ci viene proposto dal "Courrier international" con il numero speciale intitolato La guerre des autres.  
Il fascicolo (49, 2014, pp. 100, € 8,50) propone un'ampia selezione di articoli tratti dalla stampa internazionale: dalla Russia all'Algeria, dagli Stati Uniti alla Turchia. In questo modo il lettore potrà capire come il conflitto sia stato vissuto in tutti i paesi convolti.
Ecco il sommario:
 
1/La guerre des grands
France, Allemagne, Royaume-Uni, Irlande, Russie, Autriche-Hongrie, Italie, Turquie

2/La guerre des petits
Serbie, Belgique, Bulgarie, Roumanie, Etats-Unis, Portugal, Grèce, Japon, Chine

3/La guerre des empires
Empire français, Empire allemand, Empire austro-hongrois, Empire russe, Empire britannique, Empire ottoman
 
Questo numero inaugura una nuova collana storica che proporrà fascicoli con articoli, carte geografiche e altri documenti relativi ai temi trattati.
Per altre informazioni:
 

"Cambria" Volume XIV - 1 -Spring 2014

È uscito il nuovo numero di Cambria, una delle più importanti rivista dedicate all'attualità culturale gallese. Il numero contiene articoli vari e stimolanti.
Tony Coslett si concentra sul progetto di federalizzazione del Regno Unito, sostenendolo apertamente. 
Viene dato ampio spazio alla musica, alla letteratuta e alla pittura. Meic Stephens rievoca la figura di Nigel Jenkins, poeta scomparso recentemente; vari autori ricordano il pittore John Uzzell Edwards, anch'egli morto da poco. Gavin Wilson intervista il gruppo di rock psichedelico Sendelica. Il numero contiene molti altri articoli su temi d'interesse locale.
Un'occasione ideale per conoscere da vicino questa regione britannica doatata di una forte identità culturale.
"Cambria", pubblicato con periodicità trimestrale, è stato fondato nel 1997 da Henry Davies-Jones, storico e giornalista gallese.  
Per altre informazioni:
 
 

Dans la nasse

Il termine "nassa" indica un antico attrezzo tuttora impiegato nella pesca tradizionale. Si intitola appunto Dans la nasse il nuovo libro del poeta tuareg Hawad.
Nell'opera (Editions Non Lieu, Paris 2014, pp. 76, € 12,50) l'autore si concentra sull'Azawad, la regione del Mali interessata dalla dichiarazione d'indipendenza che il Mouvement National de Libération de l'Azawad (MNLA) ha diffuso il 6 aprile 2012. Un'indipendenza che nessuno stato ha riconosciuto. 
Hawad cerca di trasformare la sofferenza dei Tuareg e degli altri popoli che abitano la regione nel terreno propizio per una resistenza radicata nell'immaginario individuale e nella  capacità di pensare il mondo in modo diverso. La strada da fare è lunga: per percorrerla Hawad si serve della poesia.
"Dans la nasse" è una raccolta poetica con forti accenti politici, dalla quale la grandezza dello scrittore tuareg emerge in modo prepotente.
Poeta e pittore tuareg, Mahmoudan Hawad è nato nel 1950 nel Niger. Le sue poesie sono scritte in tamajaght (lingua tuareg) e tradotte dalla moglie Hélène Claudot Hawad, una delle massime esperte di cultura tuareg. Le opere di Hawad sono state tradotte in arabo, catalano, francese, etc.In Italia sono uscite vari volumi, fra i quali "Il paese dilaniato. Antologia di canti e poesie tuareg della resistenza (1980-1995)" (L'Harmattan Italia, 1996) e "Carovana della sete" (Gallino, 2001). Lo scrittore è stato invitato in Italia per numerose manifestazioni dedicate alla poesia, come  "Napolipoesia" (Napoli, 2001) e "Il cammino delle comete" (Pistoia, 2002).
Hélène Claudot-Hawad, antropologa, lavora al Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) di Parigi.
La coppia vive ad Aix-en-Provence. 
Per altre informazioni: 
 

Animism, quarto CD della cantante inuit Tanya Tagaq

Oggi, 27 maggio, esce Animism, quarto CD della cantante inuit Tanya Tagaq. Il disco, prodotto da Jesse Zubot, è stato pubblicato dall'etichetta Six Shooter Records.
La formazione comprende Tanya Tagaq (voce), Jean Martin (batteria, effetti elettronici), Jesse Zubot (violino, viola, effetti elettronici, sintetizzatore, batteria), Michael Red (effetti elettronici, live programming), Anna Pardo Canedo (voce), Jeremy Berkman (trombone) e Steve Denroche (corno francese). 
Come i precedenti dischi dell'artista inuit, "Animism" è caratterizzato da complessi intrecci di suoni gutturali, effetti elettronici, archi, fiati e percussioni.
In altre parole, non è il tipo di musica da ascoltare distrattamente mentre si fa la doccia o come sottofondo serale.
Tanya Tagaq Gillis è nata a Cambridge Bay (Nunavut/Canada) nel 1977. 
Si è laureata all'Accademia delle Arti della Nuova Scozia.
Le sue canzoni si basano sull'elaborazione di una modalità canora tipica del popolo inuit, il canto di gola (katajjaq), per molti versi affine a quello dei popoli indigeni siberiani.
La sua discografia comprende "Sinaa" (Jericho Beach Music, 2005), "Auk/Blood" (Jericho Beach Music, 2008) e "Anuraagtuq", registrato dal vivo (Les Disques Victo, 2011). Ha collaborato con vari artisti, fra i quali Bjork, il Kronos Quartet e il gruppo di musica tradizionale scozzese Shooglenifty.
Vive in Spagna col marito, il musicista basco Felipe Ugarte, e la figlia. 
Per altre informazioni:
 

That Bloody Woman: The Turbulent Life of Emily Hobhouse

Negli ultimi tempi, fortunatamente, si è diffusa una coscienza della diversità culturale e linguistica che solo vent'anni fa sarebbe stata impensabile. Oggi, per esempio, quasi tutti sanno che Sean Connery è un attore scozzese e non inglese e che Salvador Dalì era un pittore catalano e non spagnolo. 
Naturalmente questa consapevolezza è strettamente legata alla specificità culturale di certi luoghi: non a caso gli esempi suddetti si riferiscono a regioni chiaramente individuabili, con una storia e una cultura ben distinte da quella maggioritaria. Lo stesso non può dirsi di altre regioni che per vari motivi vengono ancora percepite come componenti indistinte dello stato al quale appartengono. Una di queste è la Cornovaglia.
Come abbiamo gia scritto, il 24 aprile il governo britannico ha riconosciuto ufficialmente la minoranza cornica.
L'occasione per conoscere una delle figure più significative della Cornovaglia ci viene offerta dal libro That Bloody Woman: The Turbulent Life of Emily Hobhouse (Truran Books, Truro 2014, pp. 336, £17.99), dove John Hall ripercorre la vita di una donna che non esitò a schierarsi apertamente contro il potere imperiale britannico per lottare contro l'ingiustizia. 
Al tempo della guerre anglo-boere, infatti, Emily Hobhouse raggiunse il Sudafrica e denunciò i campi di concentramento britannici, dove morirono circa 26000 persone. 
Al tempo stesso si adoperò a per aiutare le vittime e le loro famiglie. Lord Kitchener, il generale che avrebbe vinto le guerre anglo-boere,ordinò che la donna fosse deportata su una nave militare. Dopo la fine del conflitto Emily Hobhouse continuò ad aiutare le famiglie delle vittime. 
Pacifista convinta, fu amica di Gandhi, che la stimava molto.
Morì a Londra a 66 anni. Le sue ceneri si trovano a Bloemfontein (Sudafrica), dove aveva svolto buona parte della sua opera umanitaria.
Il libro, già pubblicato nel 2008, esce oggi in una nuova versione aggiornata che contiene molte foto inedite.
John Hall, giornalista inglese, ha pubblicato fra l'altro "Moths" (Giant Strides Press, 2005).
Per altre informazioni:

Zapatisme: la rebellion qui dure

La ribellione zapatista, scoppiata in Messico nel gennaio del 1994, ha perduto da tempo il fascino che aveva esercitato su molte associazioni politiche e culturali. In ogni caso rimane un fenomeno storico di grande rilievo, grazie al quale le rivendicazioni indigene hanno acquisito una visibilità che non avevano mai avuto. 
Oggi, a vent'anni da allora, la rivista belga "Alternatives Sud" pubblica un fascicolo monografico sul tema Zapatisme: la rebellion qui dure (Editions Syllepse, Bruxelles 2014, pp. 180, € 13) per fare un bilancio dell'esperienza e per capire cosa ne rimane.
Al numero hanno contribuito alcuni dei principali specialisti della materia. Fra i temi analizzati, la costruzione dell'autonomia (Jérôme Baschet), il significato politico dell'esperienza  zapatista (Neil Harvey) e il ruolo delle donne (Sylvia Marcos). Naturalmente non manca una sintesi cronologica del fenomeno.
La rivista "Alternatives Sud", edita dal CETRI di Bruxelles, si concentra sui temi politici, sociali ed economici dell'Africa, dell'Asia e dell'America "latina".
Per altre informazioni:
 

The Sámi Peoples of the North: A Social and Cultural History

 I Sami, noti anche come Lapponi, sono l'unico popolo indigeno del Vecchio Continente. Sono circa 50.000 e vivono in quattro stati contigui: Finlandia, Norvegia, Russia e Svezia. Come tanti altri popoli autoctoni, purtroppo, anche loro sono al centro di stereotipi duri a morire: nel caso specifico, quelli che li associano a un contesto natalizio.
Scartando senza indugio questo approccio, segnaliamo un libro che li inquadra nel modo più adeguato, The Sámi Peoples of the North: A Social and Cultural History (Hurst Publishers, London 2014, pp. 288, £20.00), scritto da Neil Kent.
Come sottolinea il titolo, per la prima volta la storia del popolo artico viene raccontata mettendo in evidenza le numerose differenze che esistono fra le diverse comunità sami: culturali, geografiche, linguistiche,  sociali, storiche.
Finalmente emerge da un lungo oblio quella stanziata nella penisola di Kola (Russia), che dopo la caduta dell'URSS ha potuto stabilire contatti regolari con le altre.
Kent mette in evidenza i numerosi fenomeni che hanno avuto un forte impatto sulla cultura sami, come la cristianizzazione forzata e l'inurbamento. 
Al tempo stesso, non dimentica il ruolo centrale che le organizzazioni sami hanno svolto nello sviluppo del movimento indigeno internazionale.
Neil Kent insegna alla Cambridge University. Esperto di storia europea, ha pubblicato varie opere, fra le quali "The Soul of the North: a Social, Cultural and Architectural History of the Nordic Countries (Reaktion Books, 2000) e "A History of Trieste" (Hurst, 2011).
Per altre informazioni:
 

The Welsh Agenda 52

L'ultimo numero del quadrimestrale The Welsh Agenda (52, Spring 2014) ospita il dossier sul tema "Is Wales sleepwalking to independence?", dove si ipotizzano le conseguenze dell'eventuale indipendenza scozzese sul Galles. Nella regione settentrionale del Regno Unito, come si sa, il 18 settembre si terrà il referendum che dovrà sancire se la Scozia potrà diventare uno stato indipendente o se resterà nella condizione attuale.  
Gli altri articoli trattano un'ampia gamma di argomenti politici e culturali relativi al Galles: lo sviluppo della televisione regionale, l'uso del gallese, il dibattito sulla devolution,
lo sviluppo urbanistico di Cardiff, un ritratto del poeta Nigel Jenkins, scomparso recentemente. Figura di grande rilievo culturale, militante pacifista, Jenkins è stato uno dei curatori della "Welsh Academy Encyclopaedia of Wales" (University of Wales Press, 2008).
"The Welsh Agenda" è pubblicato dall'Institute of Welsh Affairs (IWA), un organismo nato nel 1987 per difendere gli interessi economici e culturali del Galles. Attuamente è diretto da Lee Waters. Fra le sue numerose pubblicazioni spiccano "Creating a Bilingual Wales" (2008) e "The Reformed Union: The UK as a Federation" (2013).
Per altre informazioni:
 

The Indigenous World 2014

Anche quest'anno annunciamo con piacere l'uscita di The Indigenous World, il prezioso rapporto annuale sulla situazione dei popoli indigeni del pianeta.
Il volume (IWGIA, Copenhagen 2014, pp. 597, € 25), curato da Cæcilie Mikkelsen, contiene oltre settanta articoli sugli avvenimenti politici -leggi, rivolte, conferenze, trattati- che hanno segnato la vita dei popoli indigeni nel 2011. Viene dato ampio spazio all'impegno delle organizzazioni sovrastatali.
Viene dato particolare rilievo ai preparativi della conferenza mondiale sui popoli indigeni, che si svolgerà all'ONU dal 22 al 24 setembre.
Come di consueto "The Indigenous World" viene pubblicato in due versioni: inglese e spagnolo. Ne vedremo mai una in italiano?
Per altre informazioni:

www.iwgia.org

Poor but Sexy: Culture Clashes in Europe East and West

Venticinque anni fa (1989) cadeva il Muro, seguito due anni dopo dalla fine dell'URSS (1991).Oggi, purtroppo, possiamo vedere che una parte delle speranze stimolate da questi cambiamenti epocali è stata ampiamente delusa. Non soltanto perché i paesi dell'Europa centrale e orientale sono stati pervasi dalla logica occidentalista, ma anche perché la divisione artificiosa fra "Est" e "Ovest" é stata ereditata dalla generazione successiva, quella che non aveva vissuto i tempi della guerra fredda.
Questo tema viene sviluppato magistralmente da Agata Pyzik nel libro Poor but Sexy: Culture Clashes in Europe East and West (Zero Books, New Alresford 2014, pp. 309, £15.99, eBook £6.99), che offre una sintesi stimolante di arte, filosofia, politica e psicologia.   
L'autrice sottolinea che nei paesi ex comunisti l'adesione alla logica neoliberale non ha portato la felicità e il benessere che si pensava nell'Europa occidentale. 
Agata Pyzik rifiuta al tempo stesso la nostalgia per i "vecchi tempi" del socialismo reale e il desiderio di divenire "occidentali", schierandosi invece a favore di un'Europa diversa. Inoltre ci invita a riscoprire certi fermenti culturali che avrebbero potuto (e forse potrebbero ancora) dare vita a una modernità diversa da quella neoliberale. 
Si tratta di un libro partigiano nel miglior senso del termine, caratterizzato da uno stile chiaro e diretto.
Agata Pyzik, giornalista e scrittrice, è nata a Varsavia nel 1983. Dal 2010 risiede vive a Londra, dove collabora a numerose attività culturali. Ha scritto per varie testate, fra le quali The Guardian, The New Statesman e The Wire. "Poor but Sexy"  è il suo primo libro.
Per altre informazioni:

www.zero-books.net

Tincian

"Tincian" è il secondo CD di 9bach, un gruppo gallese che sembra destinato a raggiungere la celebrità in tempi brevi. Non a caso "Froots", una delle più autorevoli riviste di world music, 
gli dedica la copertina di maggio. Il disco, che uscirà ufficialmente il 12 maggio, è pubblicato dalla Real World, l'etichetta fondata da Peter Gabriel.
Il nome del gruppo non deve trarre in inganno: nessun riferimento a Johann Sebastian Bach. Si tratta invece di un gioco di parole: 9 (in inglese 'nine') suona come 'nain', che in gallese vuol dire 'nonna', mentre 'bach' significa 'piccolo' nella stessa lingua.
Il gruppo è stato fondato nel 2005 da Lisa Jen (voce, piano e harmonium) e Martin Hoyland (chitarre e percussioni). Nel CD i due sono affiancati da Ali Byworth (batteria), Esyllt Glin Jones (arpa gallese, voce) e Dan Swain (basso).
Le dieci canzoni, composte da Lisa Jen, sono tutte cantate in gallese, eccetto una in greco. Spicca "Plentyn" ('bambino'), dedicata alla tragedia dei cosiddetti "stolen children" (bambini rubati), i piccoli aborigeni australiani che furono strappati alle proprie famiglie nel secolo scorso. È l'omaggio inconsueto e sincero che una minoranza offre a un'altra, trascendendo le evidenti differenze storiche, culturali e geografiche.
Quella di "Tincian" è una musica ricca e vitale che attinge alla tradizione gallese per proiettarla nel ventunesimo secolo.
Prima di questo il gruppo gallese il CD omonimo (Gwymon, 2009). 
Infine, occorre sottolineare che l'etichetta Real World, nata nel 1989, dedica ampio spazio alle espressioni musicali delle minoranze. Il suo catalogo comprende artisti sami/lapponi (Mari Boine), sardi (Tenores di Bitti), tibetani (Lama Gyurme, Yungchen Lhamo), tuareg (Toumast), etc. A conferma di questa sensibilità, lo stesso Peter Gabriel ha scritto la colonna sonora del film "Rabbit-Proof Fence (in italiano "La generazione rubata"), dedicato ai "bambini rubati" di cui si è accennato sopra.
Per altre informazioni:
 

Mosaico Turchia. Viaggio in un paese che cambia

La ricchezza multiculturale della Turchia viene spesso evocata, ma l'interesse dei media si concentra sui Kurdi, dimenticando le altre minoranze che vivono nella repubblica eurasiatica. A comporre un panorama completo e aggiornato di queste comunità ha provveduto Chiara Zappa, autrice del volume "Mosaico Turchia. Viaggio in un paese che cambia" (Edizioni Terra Santa, Milano 2014, pp. 160, € 14,90). Il saggio è frutto dei numerosi viaggi che l'autrice ha compiuto nel paese eurasiatico durante gli ultimi anni.
Il libro è una guida preziosa, ricca di informazioni che difficilmente si possono trovare altrove. La giornalista ricompone certosinamente un complesso panorama socioulturale nel quale la componente religiosa e quella etnolinguistica si sovrappongono fino a confondersi l'una nell'altra.
In questo modo la Turchia ci appare finalmente quello che è: non un confuso labirinto, ma uno scrigno prezioso nel quale convivono, anche se non sempre felicemente, fedi e culture diverse.
Speriamo che questo libro venga letto anche da alcuni di coloro che oggi esaltano acriticamente Atatürk, dimenticando (o facendo finta di non sapere) che se alcune minoranze della Turchia sono vicine all'estinzione questo è un frutto del suo disegno politico etnocentrico e liberticida.
Il volume è arricchito da una bella prefazione di Antonia Arslan, autrice del celebre romanzo "La masseria delle allodole", e da una postfazione di Paolo Branca, Ricercatore in Islamistica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia (Università Cattolica del S. Cuore, Milano).
Chiara Zappa è una giornalista che collabora al quotidiano "Avvenire" e alla rivista "Mondo e missione". Profonda conoscitrice delle minoranze mediorientali, ha pubblicato il libro "Noi,
cristiani d'Arabia" (Emi, 2011).
Per altre informazioni:

www.edizioniterrasanta.it

Scottish Independence: Yes or No?

Il referendum che si terrà in Scozia il 19 settembre deciderà se la regione settentrionale del Regno Unito si trasformerà in uno stato indipendente. In questi mesi il tema viene dibattuto alla radio, alla televisione e sulla stampa. Si tengono conferenze e si stampano libri, alcuni dei quali sono stati segnalati da questa mailing list. In Italia, purtroppo, il tema è rimasto oggetto di un interesse molto scarso: solamente qualche articolo sui periodici, mentre non è stato pubblicato nessun libro. Una scelta deplorevole, tanto più che l'editoria inglese offriva già da qualche anno una vasta scelta di titoli da tradurre.
Detto questo, segnaliamo uno dei testi più recenti sulla questione, Scottish Independence: Yes or No? (The History Press, Stroud 2014, pp. 144, £7.99).
Il testo è di grande interesse anche per i lettori stranieri, perché espone le diverse argomentazioni di due prestigiosi giornalisti locali: George Kerevan, favorevole all'indipendenza, e Alan Cochrane, contrario.  
Ciascun autore espone le proprie idee cercando di prevedere l'impatto dell'indipendenza in campo sociale, economico, politico, culturale e militare.
Il tisultato è un panorama articolato ed esauriente, quello che per ovvi motivi non potremo mai trovare sulla stampa italiana. 
Infine, vale la pena di sottolineare un dato molto importante: qualunque sia l'esito, questo sarà ricordato come un referendum senza odio. Siamo lontani anni luce da altri casi, primo fra tutti quello catalano, dove la voglia d'indipendenza è avvelenata da un'intolleranza che promette poco di buono.
George Kerevan, giornalista scozzese, svolge attività politica nello Scottish National Party (SNP), il partito che ha promosso il referendum. Alan Cochrane, giornalista scozzese, ha diretto lo "Scottish Daily Express". Attualmente dirige la redazione scozzese del quotidiano "Daily Telegraph".
Per altre informazioni: