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Self-Determination and Secession in Africa: The Post-Colonial State

Nel secondo dopoguerra, e in particolare negli anni Cinquanta e Sessanta, l'Africa ha conosciuto la sua più articolata riorganizzazione territoriale e politica. Sono nati la maggior parte degli stati che oggi vediamo sull'atlante: dal Sudan (1956) al Senegal (1960), dal Gabon (1960) all'Algeria (1962). Eredità diretta del colonialismo europeo, il nuovo assetto continentale si è subito dimostrato fragile e incerto. Basti pensare alle numerose rivendicazioni territoriali che l'hanno insanguinato nell'ultimo mezzo secolo, come quella del Katanga, del Biafra e più recentemente del Sud Sudan.
A ricomporre l'intricato mosaico del separatismo africano provvede il libro Self-Determination and Secession in Africa: The Post-Colonial State (Routledge, London 2014, pp. 296, $145.00), curato da Redie Bereketeab.
Il volume affronta il tema in modo interdisciplinare, analizzando i fattori ideologici, storici, geopolitici ed economici che sono alla base dei movimenti africani per l'autoterminazione. Mette in luce le carenze del diritto internazionale, degli organismi internazionali -fra i quali l'ONU e l'Unione Africana- e delle convenzioni internazionali che riguardano la materia. 
Al tempo stesso si chiede se la secessione porti la pace e la stabilità, soffermandosi in particolare sul caso dell'Eritrea e del Sud-Sudan.
Aggiornata e ampiamente documentata, l'opera non trascura i casi più recenti, come la rivolta dei Tuareg del Mali.
I saggi sono firmati da esperti africanisti, fra i quali Ladan Affi, Dan Kuwali e Henning Melber.
Redie Bereketeab è Ricercatore al Nordic Africa Institute dell'Università di Uppsala (Svezia). Autore di numerosi saggi su questioni africane, ha curato fra l'altro il volume "The Horn of Africa: Intra-State and Inter-State Conflicts and Security" (Pluto Press, 2013).
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