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Restoring the Kingdom of Hawaii: The Kanaka Maoli Route to Independence

Certe minoranze e/o popoli indigeni hanno ricevuto un valido sostegno da parte di giuristi che hanno sposato la loro causa. In questo modo le rivendicazioni dei primi hanno guadagnato una sostanza giuridica che altrimenti non avrebbero avuto. Basti pensare a Michael van Walt van Praag, avvocato del Dalai Lama e fondatore dell'UNPO(Unrepresented Nations and Peoples). Oppure al sudafricano Jeremy Sarkin, consulente legale degli Herero e autore del libro "Germany's Genocide of the Herero: Kaiser Wilhelm II, His General, His Settlers, His Soldiers (James Currey, 2011).
Lo stesso ha fatto Francis Boyle, autore del libro Restoring the Kingdom of Hawaii: The Kanaka Maoli Route to Independence (Clarity Press, Atlanta [GA] 2014, pp. 196, $19.95). Il giurista 
americano ha dedicato buona parte della propria vita alla questione dimenticata degli indigeni hawaiiani (Kanaka Maoli).
Fra i 50 stati che formano la federazione statunitense, le isole Hawai'i occupano un posto singolare. Non solo sono l'unico stato insulare, ma appartengono geograficamente e culturalmente ad un altro continente (l'Oceania). Inoltre, ed è il punto principale, le Hawai'i sono l'unico stato che ha aderito alla federazione contro la volontà della popolazione autoctona.
Gli indigeni hawaiiani (Kanaka Maoli) sono di ceppo polinesiano. Sono originari delle isole Marchesi, dalle quali migrarono via mare attorno al 100 a.C.
La loro lingua, che oggi non ha alcun riconoscimento ufficiale, appartiene alla famiglia austronesiana e si apparenta quindi a quelle degli altri popoli polinesiani, come i Tahitiani od i Maori della Nuova Zelanda.
Sempre nel corso del diciottesimo secolo, la Russia e la Gran Bretagna tentano senza successo di colonizzare l'arcipelago, che é stato unificato dal re Kamehameha. E' quindi il presidente americano John Tyler che dichiara apertamente l'intenzione di attrarre le isole nell'orbita degli Stati Uniti. Nel 1848 il re Kamehameha III cede alle pressioni dei coloni statunitensi che reclamano la privatizzazione delle terre, dove hanno già diffuso le piantagioni di canna da zucchero. Nel 1866, col pretesto di salvaguardare gli interessi americani, una nave della marina federale viene dislocata nelle acque dell'arcipelago.
Intanto viene promossa una massiccia immigrazione di asiatici e nordamericani. La situazione sta ormai precipitando: nel 1877 il ministro Pierce dichiara che le isole sono "una colonia americana dal punto di vista politico ed economico". Cresce il malcontento fra gli indigeni, che vedono morire lentamente la propria indipendenza.
Nel 1891 sale al trono Lydia Lili'uokalani. La nuova regina, volendo restituire al suo popolo i diritti che sta perdendo, emana una nuova costituzione che istituisce la monarchia costituzionale e nega il voto agli stranieri. I latifondisti americani formano un sedicente "governo provvisorio" sostenuto dagli Stati Uniti. Il 17 gennaio 1893 il palazzo reale viene circondato dagli esponenti del "governo provvisorio" e dall'esercito federale. La regina si vede costretta alla resa.
Pochi mesi dopo, però, il nuovo presidente Cleveland condanna senza mezzi termini il colpo di stato e cerca di restaurare la monarchia hawaiiana. Il suo mandato termina però senza che sia riuscito a vincere la resistenza delle lobbies finanziarie che propugnano l'espansione americana nel Pacifico (a quel tempo gli Stati Uniti hanno già diverse colonie in quell'oceano, fra le quali Guam, Samoa, le isole Midway e le Filippine).
Nel 1898 le Hawaii vengono ufficialmente annesse agli Stati Uniti. Il 27 giugno 1959, quando la popolazione indigena è ormai in netta minoranza, un referendum dall'esito scontato trasforma l'arcipelago nel cinquantesimo stato della federazione.
Il libro di Boyle analizza la questione in termini giuridici, ma lo fa senza usare un linguaggio tecnico che renderebbe il libro un'opera per pochi addetti ai lavori.
Sincero difensore dei popoli oppressi, ma ovviamente sorretto da una profonda conoscenza della questione e dei suoi risvolti giuridici, Boyle dimostra che la restaurazione della monarchia hawaiiana non è una bizzarra fantasia, ma che esistono le condizioni per realizzarla.
Una lettura obbligatoria per gli italiani che si occupano di questioni indigene, dato che nel nostro paese la questione è completamente ignorata.
Francis Anthony Boyle (1950) è un giurista americano che insegna Diritto internazionale alla University of Illinois di Champaign. Ha collaborato con numerose associazioni umanitarie ed è stato consulente della delegazione palestinese ai negoziati che si sono svolti fra il 1991 e il 1993. Ha scritto numerosi libri, fra i quali ricordiamo "Breaking All The Rules: Palestine, Iraq, Iran and the Case for Impeachment" (Clarity Press, 2008), "United Ireland, Human Rights and International Law" (Clarity Press, 2011) e "The Criminality of Nuclear Deterrence" (Clarity Press, 2013).
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