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Journaliste "apatride"

Fra il 1960 e il 1980 l'esercito turco ha realizzato tre colpi di stato. Molte persone - intellettuali, giornalisti, registi, esponenti politici - si sono schierati apertamente contro le 
varie giunte militari, che invece sono state tollerate o addirittura appoggiate da alcuni governi europei.
Fra questi dissidenti merita particolare attenzione Dogan Özgüden, un giornalista che ha dedicato la propria vita alla difesa della libertà d'opinione, delle minoranze, dei diritti civili e sindacali. Özgüden ha raccontato la propria esperienza nel libro Journaliste "apatride" (ASP, Bruxelles, pp. 624, € 24,95). Il volume è la traduzione francese dell'originale turco, edito dall'autore con il titolo omonimo "Vatansiz" gazeteci.
Il giornalista, costretto a lasciare la Turchia, si è stabilito in Belgio, dove vive tuttora.
Insieme alla moglie Inci Tugsavul ha promosso molte iniziative politiche e culturali: libri, riviste, convegni, dischi. La coppia ha parlato di temi a lungo proibiti in Turchia, come il genocidio delle minoranze cristiane e l'antisemitismo. Sempre invisi al potere, che li ha perseguitati in vario modo, i due sono stati privati della cittadinanza turca nel 1984.
Dal 1975 guidano l'agenzia di stampa Info-Türk, che pubblica un prezioso bollettino mensile su tutto quello che riguarda la Turchia: politica, cultura, problemi delle minoranze, etc.  Questo impegno, che ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti di vario tipo, rappresenta un esempio illuminante di lotta nonviolenta per la libertà. 
 
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