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Centocinquant'anni di razzismo americano

Molto probabilmente nessun giornale ne parlerà, ma noi sentiamo il dovere morale di farlo. 
L'anno che sta per finire segna il 150º anniversario della fondazione del Ku Klux Klan, la più nota organizzazione razzista statunitense. A prima vista può sembrare difficile spiegare perché nella "grande democrazia americana" il  KKK sia tuttora attivo e legale, ma la cosa appare normale se si accantonano i luoghi comuni che vedono nella federazione nordamericana "la più grande democrazia del mondo".

La guerra civile sta ormai per finire. Il 14 aprile 1865 il Presidente Lincoln viene ucciso da John Wilkes Booth, simpatizzante della causa sudista. Il 18 dicembre, pochi mesi dopo la fine della guerra, viene abolita la schiavitù.
Qualche giorno più tardi, il 24 dicembre, alcuni reduci dell'esercito sudista si riuniscono a Pulaski (Tennessee) e fondano il Ku Klux Klan. Il loro obiettivo è chiaro: riaffermare il primato della "razza bianca". A questo scopo vengono subito organizzate azioni terroristiche nei confronti della minoranza afroamericana, dalla semplice intimidazione all'omicidio. Anche i militanti repubblicani vengono perseguitati. 
Nel libro "Setting the Record Straight: American History in Black & White" (WallBuilders, 2004) David Barton ricostrusice dettagliatamente la storia del KKK, sottolineando che le sue radici sono da ricercarsi nel Partito democratico. Col passare degli anni, però, aderiranno anche molti repubblicani.  
Cinque presidenti entrati in carica fra il 1897 e il 1945 hanno fatto parte del KKK: William McKinley, Woodrow Wilson, Warren Harding, Calvin Coolidge e Harry Truman.
A questi nomi potremmo aggiungere una lista sconfinata, ma ci limitiamo a qualche esempio: John Clinton Porter, democratico, sindaco di Los Angeles; Edward L. Jackson, repubblicano, governatore dell'Indiana; Bibb Graves, democratico, governatore dell'Alabama.
Col tempo il KKK si è trasformato, passando da una struttura centralizzata a una miriade di piccoli gruppi autonomi.
La rimozione colpevole di questa pagina storica è ancora più evidente se facciamo un sommario paragone con l'apartheid sudafricano. Questo, pur ignobile e disumano, non si traduceva in una pratica schiavista. Rimasto in vigore dal 1948 a 1993, l'apartheid fu giustamente dichiarato un crimine internazionale. Ma che cosa si dovrebbe dire dello schiavismo, che per due secoli e mezzo (1619-1865) aveva trasformato i neri in proprietà privata dei latifondisti bianchi? Che senso ha condannare i crimini contemporanei se poi si dimenticano crimini passati ancora più gravi? 
Un'altra differenza importante merita di essere sottolineata. La fine dell'apartheid, tranne episodi sporadici, non ha lasciato strascichi, mentre all'abolizione della schiavitù è sopravvissuto un razzismo tangibile. Tanto è vero che sono state necessarie le lotte antirazziste di Martin Luther King e Malcolm X. Senza contare gli episodi che periodicamente leggiamo sui giornali.  
Il Ku Klux Klan non é stato mai messo fuorilegge. Se questo è il paese che molti continuano a considerare un modello universale di libertà e di di giustizia, evidentemente stiamo parlando di due pianeti diversi.