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Articulating Rapa Nui:
Polynesian Cultural Politics in a Latin American Nation-state

Come l'arcipelago hawaiiano, Rapanui è un pezzetto di Polinesia che appartiene tuttora a uno stato americano. La seconda, meglio conosciuta come Isola di Pasqua, fu appunto scoperta dall'olandese Jacob Roggeveen la domenica pasquale del 1722.
Il breve dominio olandese fu presto sostituito da quello spagnolo. Nel 1888 Toro Hurtado si impadronì di Rapa Nui a nome del governo cileno, che promosse l'immigrazione di alcune famiglie continentali. Gli indigeni (Ma'ohi Rapu) vennero costretti a firmare un trattato in base col quale l'amministrazione dell'isola veniva trasferita al governo di Santiago, che si peró si impegnava a rispettare i diritti territoriali e culturali della popolazione autoctona.
Ma il Cile non rispettò l'accordo e costrinse gli indigeni a lavorare come schiavi. L'isola cadde così nelle mani della Compañia Explotadora de Isla de Pascua, che iniziò lo sfruttamento della lana. La compagnia non esercitava soltanto una funzione commerciale, ma anche un rigido controllo della vita sociale ed economica. La popolazione autoctona viveva in condizioni di semischiavitù e non poteva lasciare l'isola. Lo sfruttamento commerciale terminò nel 1953, quando la compagnia lasciò Rapa Nui.
Nel 1966 la situazione dell'isola fu finalmente parificata a quella continentale: gli abitanti ottennnero i diritti civili. Perfino Augusto Pinochet, il primo presidente cileno a visitare l'isola, continuò a garantirli. Dopo la fine della dittatura militare (1990), il governo di Patricio Aylwin approvò nel 1993 una legge relativa ai diritti dei popoli indigeni.
Ma neanche questo fu sufficiente a risolvere la questione dei diritti territoriali, che è tornata d'attalità nell'estate del 2010.
In luglio gli indigeni hanno occupato pacificamente alcune terre reclamandone la restituzione. 
Alla fine del 2010 la polizia ha assalito i manifestanti facendo uso di proiettili di plastica e gas lacrimogeno. Alcuni indigeni sono stati feriti e uno di loro ha perso un occhio. L'episodio è stato denunciato da Amnesty International, che ha richiamato il Cile al rispetto della Convenzione ILO 169 sui diritti dei popoli indigeni, sottoscritta da Santiago nel 2008.
Questa storia, sostanzialmente dimenticata fino a pochi anni fa, viene accuratamente ricostruita dall'antropologa olandese Riet Delsing nel libro Articulating Rapa Nui: Polynesian Cultural Politics in a Latin American Nation-State (University of Hawai'i Press, Honolulu [HI] 2015, pp. 312, $59.00).
Rielaborazione di una tesi di laurea, il libro racconta la colonizzazione dell'isola cercando di individuarne caratteri e dinamiche. L'opera colma un vuoto negli studi sulla storia coloniale del Pacifico, mettendo in evidenza la posizione unica che il Cile ricopre in tale contesto. Naturalmente non mancano i paragoni con le altre avventure coloniali dell'area: Hawai'i (Stati Uniti), Tahiti (Francia), etc.
Nella seconda parte l'autrice descrive la resistenza indigena contemporanea nei suoi vari aspetti: dalla difesa della lingua alle lotte per i diritti territoriali, dai rinnovati contatti con le altre culture indigene del Pacifico ai tentativi di internazionalizzare la questione.
Un'opera di grande interesse, indispensabile per conoscere la storia di un popolo indigeno a lungo dimenticato, ma che finalmente comincia a guadagnare una certa visibilità.
Riet Delsing, laureata in antropologia, vive a Santiago. Specialista della questione rapanui, ha dedicato vari saggi e relazioni al tema.

Per altre informazioni:

www.uhpress.hawaii.edu 

www.facebook.com/riet.delsing