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Aboriginal Rights Are Not Human Rights: In Defence of Indigenous Struggles

La diffusione di informazioni e opinioni, alla quale Internet contribuisce in modo decisivo, favorisce un uso improprio e confuso di alcuni termini, al quale ci sembra doveroso opporre un deciso rifiuto. Relativamente ai temi che trattiamo, un esempio di questo fenomeno è la confusione fra i diritti umani e i diritti delle minoranze e/o popoli indigeni.
Vediamo meglio di cosa si tratta. I diritti umani, come sottolinea l'originale francese "droits de l'homme", sono diritti personali, cioè diritti che spettano a ciascuna persona in quanto essere umano: libertà di pensiero e di culto, libertà di movimento e di associazione, elettorato attivo e passivo, etc. Nei trenta articoli che compongono la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall'Assemblea Generale dell'ONU il 10 dicembre 1948, la dimensione strettamente individuale dei diritti umani viene sottolineata più volte in modo inequivoco. A conferma di questo, vediamo quanto sia frequente il riferimento istituzionale ai diritti umani e quanto sia raro quello ai diritti collettivi. 
Molti di coloro che invocano la difesa dei diritti umani sono sicuramente in buona fede e svolgono un compito insostituibile. Lo stesso non può dirsi di altri, comprese molte istituzioni, per i quali il termine "diritti umani" rimane invece una formula vaga che non impegna più di tanto. Non solo, ma anche una formula molto comoda: se parlassero anche di diritti collettivi, dovrebbero ammettere che paesi come gli Stati Uniti e la Francia, da loro considerati "campioni dei diritti umani", sono al tempo stesso fra quelli che calpestano i diritti collettivi.   
Questi ultimi, al contrario, riguardano una collettività linguistica e/o culturale: dagli Scozzesi ai Maori, dagli Indiani del Nordamerica agli indigeni della Siberia. Dal momento che una collettività non è una semplice somma di individui, a questo gruppo appartengono diritti diversi da quelli umani: linguistici, culturali, territoriali, ambientali.
Naturalmente non esistono compartimenti stagni che separano i due ordini di diritti, ma troviamo frequenti interazioni fra l'uno e l'altro. In ogni caso, nessuno dei due tipi è superiore o inferiore all'altro, ma è necessario tenere presente che la sola difesa dei diritti umani non potrà mai soddisfare chi rivendica diritti collettivi. Questi ultimi sono emersi proprio in seguito a tale insufficienza.
Perfino l'ONU, per sua natura sensibile alla sola difesa dei diritti umani, ha capito che la Dichiarazione del 1948 doveva essere integrata da una specifica Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni (2005). Per quanto riguarda le minoranze europee, gli organismi comunitari prevedono analoghi documenti. Talvolta mal concepiti e non applicati, ma ovviamente questo è un altro discorso, che qui non possiamo approfondire.
Detto questo, restiamo in tema segnalando un libro di particolare interesse, Aboriginal Rights Are Not Human Rights: In Defence of Indigenous Struggles (Arbeiter Ring Publishing, Winnipeg [MB] 2013, pp. 197, $19.95 canadesi), scritto da Peter Kulchyski. 
L'autore, che si concentra sui popoli amerindiani, dimostra che i diritti dei popoli indigeni non appartengono alla categoria più ampia dei diritti umani, dato che riguardano situazioni specifiche. Al tempo stesso, Kulchyski mette in evidenza che le lotte indigene non sono tutte uguali e fissa un netto confine fra le diverse tecniche produttive dei popoli indigeni e la logica livellatrice del capitalismo. 
"Aboriginal Rights Are Not Human Rights" colma un vuoto, perchè fornisce un'analisi concettuale e storica dei trattati indiani canadesi, offrendo suggerimenti concreti per una radicale trasformazione dell'attuale approccio istituzionale nei confronti di questi temi.
Secondo l'autore, giustamente, i diritti dei popoli indigeni devono diventare una priorità ed essere considerati autonomamente, anzichè restare una semplice appendice dei diritti umani. Non si tratta di un'utopia: in stati come la Bolivia, la Colombia e l'Ecuador questo è già realtà.
Peter Kulchyski insegna all'Università di Winnipeg (Manitoba/Canada), dove tiene vari corsi su questioni indigene. Membro di varie associazioni accademiche, conferenziere, ha pubblicato molti libri su questi temi, fra i quali ricordiamo "Kiumajuk [Talking Back]: Game Management and Inuit Rights in Nunavut 1900 to 1970", scritto con Frank Tester (UBC Press, 2007). Inoltre ha pubblicato saggi su numerose riviste accademiche, fra le quali "American Indian Quarterly", "Inuit Studies" e "Native Studies Review".
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