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Sonate en trio

La musica bretone non è soltanto quella tradizionale a base di arpe e cornamuse, ma si esprime anche col piano di Didier Squiban. Musicista originale e aperto alle esperienze più varie, questo pianista atipico ha appena pubblicato il CD Sonate en trio (Coop Breizh, 2016), dove è affiancato da altri due bretoni, Bernard Le Dreau (sassofoni e clarinetto) e Jérôme Kiruhel (tablas e percussioni). I tre avevano già collaborato più volte sia in studio che dal vivo.
Nel nuovo CD vengono ripresi e riarrangiati dei temi scritti da Squiban per i suoi dischi precedenti, ai quali si aggiungono due inediti: "Keramoal", scritta da Kiruhel, e "Co-naissance", dove spicca la voce del bardo Manu Lann Huel. Il CD, ricco di melodie ammalianti e mai banali, conferma ancora una volta il valore del pianista.
Entro il 2016 Squiban pubblicherà "Symphonie du Ponant", la sua terza sinfonia dopo "Symphonie Bretagne" (2000) e "Symphonie Iroise" (2004).
Didier Squiban (Saint-Renan/Gwitalmeze, 23 settembre 1959) è legato alla tradizione bretone, ma influenzato anche dal jazz e dalla musica classica.
Chi vuole conoscerlo meglio può leggere "Conversations avec Didier Squiban ou Les tribulations d'un musicien breton" (Coop Breizh, 2015), curato dal giornalista Frédéric Jambon.
Per altre informazioni:

www.didier-squiban.net

www.coop-breizh.fr

FLNC: Memoria d'avvene 1976-2016

La notte fra il 5 e il 6 maggio 1976 il Fronte di Liberazione Naziunale di a Corsica (FLNC) esordisce realizzando 21 attentati dinamitardi in diverse
località dell'isola. In contemporanea viene diffuso il manifesto programmatico del movimento, che dichiara guerra alla Francia e fissa come obiettivo l’indipendenza. Per alcuni anni il FLNC si limita a colpire uffici pubblici, governativi o basi militari, ma a partire dal 1983 comincia a uccidere.
Nel 1990 il movimento subisce alcune divisioni interne, la più importante delle quali determina la nascita del FLNC Canal historique e del FLNC Canal habituel. Le azioni proseguono negli anni successivi con altre vittime, mentre il movimento si frammenta ulteriormente. Il 25 giugno 2014, infine, il
FLNC annuncia la propria smilitarizzazione.
Ma intanto la situazione politica dell'isola è mutata. Il 5 aprile 2014 Gilles Simeoni, autonomista e quindi contrario alla lotta armata, è diventato
sindaco di Bastia. Alla fine del 2015 diventerà presidente della CTC (la Regione), mentre il separatista Jean-Guy Talamoni, leader di Corsica Libera,
lo affiancherà come presidente dell’Assemblea Regionale.
Nonostante tutto, gli ideali del FLNC e la sua linea indipendentista hanno ancora dei seguaci. Lo conferma il libro FLNC: Memoria d'avvene 1976-2016, pubblicato dalle edizioni A Fior di Carta (Barettali 2016, pp. 92, € 12).
Il libro si riallaccia al FLNC originario e accompagna la nascita del nuovo FLNC, che oggi si presenta come un movimento politico fermamente deciso a operare alla luce del sole. Fra i promotori spicca Jean-Pierre Santini, scrittore e fondatore della casa editrice A Fior di Carta.
In questo modo il campo degli indipendentisti non è più occupato soltanto da Corsica Libera.
Per altre informazioni:

www.afiordicarta.net

www.cunsultanaziunale.net

 

Anian

L'etichetta Real World ha pubblicato Anian, il terzo CD del gruppo gallese 9Bach. Il titolo significa "natura" in gallese. Contiene 11 brani composti
dalla cantante-pianista Lisa Jên (testi) e dal chitarrista Martin Hoyland (musiche). Insieme a loro suonano Ali Byworth (batteria), Esyllt Glin Jones
(arpa gallese, voce), Mirain Haf Roberts (voce, piano e dulcimer) e Dan Swain (basso).
La confezione contiene un altro CD, "Yn dy lais/In Your Voice", con i brani del CD principale interpretati da alcuni musicisti, poeti e attori, fra i
Peter Gabriel, Rhys Ifans e Maxine Peake.
Questa è una musica ricca e vitale che attinge alla tradizione gallese per proiettarla nel ventunesimo secolo.
Un particolare molto significativo: le note del disco sono scritte in due lingue (inglese e gallese).
Il gruppo è stato fondato nel 2005 dai due musicisti suddetti. Ha pubblicato il CD omonimo (Gwymon, 2009) e "Tincian" (Real World, 2014). Col secondo
si è imposto all'attenzione mondiale. 
Per altre informazioni:

https://realworldrecords.com 

www.9bach.com

Jahrbuch Polen 2016: Minderheiten

Il nuovo numero del volume annuale "Jahrbuch Polen" (27) è dedicato al tema Minderheiten. L'autorevole pubblicazione accademica (Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2016, pp. 236, € 11,90) si concentra sulle minoranze della Polonia.
Secondo il censimento del 2011, le minoranze di questo paese (Casciubi, Tedeschi, Ucraini, etc.) rappresentano circa il 4% della popolazione.
Andrzej Kaluza e Peter Oliver Loew disegnano un quadro esauriente delle minoranze; Lech M. Nijakowski esamina la politica polacca nei loro confronti;
Marcin Wiatr si concentra su quella tedesca; Bohdan Osadczuk, Basil Kerski e Andrzej St. Kowalczyk approfondiscono i legami fra Polonia e Ucraina.
Altri contributi analizzano la situazione della minoranza israelita, la questione slesiana, etc.
Il Deutsches Polen-Institut, fondato nel 1980 da Karl Dedecius, ha sede a Darmstadt (Germania). Stimola il dialogo culturale e politico fra Polonia e
Germania per sanare le ferite derivate dalla Seconda Guerra Mondiale. A questo scopo organizza numerose iniziative, fra le quali la pubblicazione del
volume annuale suddetto. Fra i temi degli anni scorsi, le questioni regionali (2012), il mondo del lavoro (2013) e l'ambiente (2015).
Per altre informazioni:

www.deutsches-polen-institut.de

 

Reem Kelani: Live at the Tabernacle

La musicista palestinese Reem Kelani ha pubblicato da poco il suo secondo lavoro, il doppio CD Live at the Tabernacle (Fuse, 2016). Il CD contiene la
registrazione del concerto che l’artista ha tenuto al Tabernacle di Londra il 22 novembre 2012.
Uno dei CD contiene un documentario del regista venezuelano Ignacio Crespo Valdez, dove Reem Kelan parla della propria musica e della lavorazione del
disco. L’altro comprende un estratto del film "Les Chebabs de Yarmouk", diretto da Axel Salvatori-Sinz, per il quale l’artista palestinese ha scritto
la colonna sonora.
Reem Kelani è nata a Manchester nel 1964. Figlia di esuli palestinesi, ha manifestato fin da piccola un forte interesse per la musica e ha imparato a
suonare il pianoforte. Inizialmente molto influenzata dal jazz, dopo si è orientata verso la musica palestinese (e araba in generale). Il jazz rimane
comunque fra le seue infuenze. Nel 2006 è uscito il suo primo CD, "Sprinting Gazelle: Palestinian Songs from the Motherland and the Diaspora", frutto
di vari anni di ricerca. Ha collaborato con numerosi musicisti, fra i quali Gilad Atzmon, sassofonista jazz israeliano, la cantante portoghese Liana,
il gruppo turco Kardes Türküler e la Bergen Philharmonic Orchestra.
Ha scritto le musiche per "See No Evil" (1992), documentario sul massacro di Sabra e Shatila, e per il suddetto "Les Chebabs de Yarmouk" (2013).
Ha partecipato a varie iniziative umanitarie.
Per altre informazioni:

www.reemkelani.com

Résistantes corses déportées

Come la musica e la letteratura, anche il cinema può aiutare un popolo a riappropriarsi della propria storia e divulgarla al resto del mondo. Lo conferma il documentario "Résistantes corses déportées", realizzato recentemente dalla regista corsa Jackie Poggioli.br>Il lungometraggio (90 minuti) riporta alla luce le storie di 18 donne corse impegnate nella resistenza antifascista durante la Seconda Guerra Mondiale. Tutte vennero rinchiuse in campi di concentramento, per la precisione Auschwitz, Mauthausen e Ravensbrück. La più famosa di loro è Vincentella Perini, meglio nota come Danielle Casanova (nella foto a destra), che morì ad Auschwitz nel 1943.
La sola sopravvissuta è Noëlle Vincensini, fondatrice dell'associazione antirazzista "Avà Basta" con sede ad Ajaccio.
Attraverso un paziente lavoro di ricerca Jackie Poggioli ha potuto identificare queste donne per la prima volta. La sua ricerca è stata molto difficile dato che in molti casi la loro identitá corsa era mascherata dal cognome francese che avevano assunto in seguito al matrimonio.
Considerate a forza francesi secondo la nota logica giacobina di Parigi, con questo documentario le 18 resistenti non vengono soltanto strappate all'oblio, ma viene loro restituito anche il diritto di essere considerate corse: un segno di rispetto necessario anche se tardivo.
Jackie Poggioli, giornalista e regista corsa, vive ad Ajaccio. Laureata in Lettere alla Sorbona, ha lavorato per la stampa e per la televisione isolana. Ha realizzato molti documentari, fra i quali "Les Corses et l'OAS", "Les Juifs de Corse", "Philippe Franchini, de Hanoï à Aleria", "Fred Scamaroni è Ghjuvanni Nicoli: Celui qui croyait au Ciel et celui qui ny croyait pas" e "Fusillés en première ligne". Ha dedicato particolare attenzione a figure del mondo politico e culturale corso, come la scrittrice Marie Susini, il pittore Michel Raffaelli e Jéromine Benielli, militante comunista.
Per altre informazioni:

http://france3-regions.francetvinfo.fr/corse/2015/05/29/hommage-aux-resistantes-corses-deportees-735145.html

L'Italie et la Shoah:
Le fascisme et les Juifs, les italiens et la persécution antijuive

Nell'Italia del dopoguerra l'esperienza fascista, anziché esser oggetto di una profonda rielaborazione politica e culturale, è stata messa da parte e riletta in due modi diversi ma entrambi sbagliati. Molti l'hanno rigettata in maniera cieca e acritica. Molti altri, pur senza essere nostalgici, l'hanno parzialmente assolta pensando che l'unico vero errore di Mussolini fosse stato quello di allearsi con Hitler.
Fermo restando che tale tesi è inaccettabile, è davvero incredibile che questa sia considerata un modo per chiudere il discorso, anziché un punto di partenza per analizzare la grave responsabilità italiana nella Shoah. Come se fra i frutti dell'alleanza fra le due dittature non si dovesse mettere in conto anche lo sterminio degli ebrei, facilitato dai vari campi di concentramento sparsi per la penisola (Bolzano, San Sabba, etc.).
L'Italie et la Shoah: Le fascisme et les Juifs, les italiens et la persécution antijuive è appunto il tema che la "Revue d’histoire de la Shoah" analizza nel suo nuovo numero (204, mars 2016).
Se è vero che lo sterminio della minoranza israelita è stato concepito in Germania e realizzato in larga prevalenza da uomini del regime nazionalsocialista, è altrettanto vero che le due strutture fasciste – la dittatura e la RSI – hanno dato un contributo che non deve essere minimizzato e tantomeno taciuto.
Il tema occupa uno spazio marginale nella storiografia, sia italiana che internazionale. Le ricerche sono ancora scarse e frammentarie, quindi questo numero è particolarmente benvenuto, dato che si sforza di colmare un vuoto. I saggi inquadrano la Shoah nel contesto politico, culturale e sociale italiano, ma non si limita al periodo bellico, partendo invece dagli albori del regime fascista. Un secondo numero sullo stesso tema sarà pubblicato nel marzo 2017.
La "Revue d’histoire de la Shoah" è edita da Calmann-Lévy e curata dal Mémorial de la Shoah, un museo/centro di documentazione dedicato al genocidio ebraico che ha sede a Parigi. Vale la pena di sottolineare che la rivista, pur dedicanosi in prevalenza alla Shoah, ha dedicato vari numeri ad altri genocidi, come Les Tsiganes dans l'Europe allemande (167, 1999), Rwanda, quinze ans après - Penser et écrire l'histoire du génocide des Tutsi (190, 2009) e Se souvenir des Arméniens, 1915-2015. Centenaire d'un génocide (202, 2015).
Per altre informazioni:

www.memorialdelashoah.org

 

Lives on the Line:
Voices for Change from the Thailand-Burma Border

Le numerose nazionalità minoritarie della Birmania –Kachin, Karen, Naga, Shan, etc.– costituiscono circa un quarto della popolazione. Da almeno mezzo secolo sono in guerra contro il potere centrale: alcune reclamano l'autonomia, altre l'indipendenza. I motivi sono numerosi e complessi. La federazione vagheggiata dopo la conquista dell'indipendenza dalla Gran Bretagna non si è mai realizzata. Al suo posto è nato uno stato centralista dominato dalla maggioranza bamar. Successivamente la spietata dittatura militare (1962-2011) ha trasformato il paese in un gulag a cielo aperto.
Negli ultimi anni la storica dissidente Aung San Suu Kyi, imprigionata a lungo dai militari, è tornata sulla scena politica. Recentemente ha assunto il ruolo di Primo Ministro. Questo ha riacceso le speranze di coloro che sognano un paese diverso, dove il pluralismo culturale venga rispettato anziché represso.
Ma per ora la situazione delle minoranze resta molto critica. Il libro Lives on the Line: Voices for Change from the Thailand-Burma Border, curato e pubblicato da Burma Link, è uno strumento che ci permette di comprendere questa storia tragica di cui la stampa parla molto poco.br>Il volume raccoglie dieci storie di rifugiati, donne, militari, attivisti e medici e giovani. Sono voci di popoli che aspirano a un cambiamento radicale. br>Il libro è disponibile in due versioni, brossura ed e-book, tramite Lulu.com.
Burma Link è un'associazione fondata nel 2012 da alcuni volontari e rifugiati del campo profughi di Mae La (Thailandia).
Per altre informazioni:

www.burmalink.org

Decolonisation and the Pacific:
Indigenous Globalisation and the Ends of Empire

L'Oceania è stata l'ultimo continente a vivere l'esperienza controversa della decolonizzazione. Molti dei suoi territori sono diventati indipendenti dopo la Seconda Guerra Mondiale: Samoa (1962), Tonga (1970), Papua Nuova Guinea (1975), Tuvalu (1978), isole Salomone (1978), Kiribati (1979), Palau (1994), etc. Per inciso, ricordiamo che molti altri (Guam, Nuova Caledonia, Polinesia "francese", Samoa "Americane", etc.) conservano lo status coloniale, seppure mascherato dietro eufemismi verbali come "territori d'oltre mare" e simili.  
Nel libro Decolonisation and the Pacific: Indigenous Globalisation and the Ends of Empire (Cambridge University Press, Cambridge 2016, pp. 268, £64.99) Tracey Banivanua Mar sottolinea che questo processo internazionale ha avuto un forte impatto sui popoli indigeni, che qui si trovano ovunque: basti pensare ai Maori Maori della Nuova Zelanda, ai popoli di Papua, ai Samoani, etc.
Secondo la studiosa, i limiti strutturali della decolonizzazione hanno messo a nudo le peculiarità storiche del colonialismo che si era affermato in questa regione, dove le potenze coloniali hanno concepito la decolonizzazione come una nuova forma di imperialismo.
Il libro dimostra che i popoli indigeni hanno fronteggiato questa situazione sviluppando una serie di legami politici e culturali che trascendevano i limiti nazionali. La decolonizzazione non appare quindi un evento storico, ma un processo fragile che continua tuttora. 
Tracey Banivanua Mar, originaria di Moala (isole Figi), è Professore associato del Dipartimento di Archeologia e Storia alla La Trobe University (Melbourne, Australia). Ha scritto fra l'altro "Violence and Colonial Dialogue: The Australian-Pacific Labor Trade" (University of Hawai'i Press, 2007) e "Writing Colonial Histories: Comparative Perspectives" (RMIT Publishing, 2000), che ha curato con Julie Evans. Si occupa in prevalenza di questioni indigene e coloniali.
Per altre informazioni:

www.cambridge.org

Indigenous People and Economic Development:
An International Perspective

Attualmente i popoli indigeni costituiscono circa il 4% degli abitanti della Terra. Nel secolo scorso antropologi, linguisti e sociologi hanno compiuto molte ricerche sulle loro culture per conoscerle e salvaguardarle. Intanto questi popoli hanno cercato di adattarsi ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione e al tempo stesso di evitare che questi snaturassero l'originalità del proprio patrimonio culturale. A tale scopo hanno sviluppato varie iniziative economiche. 
Il volume intitolato Indigenous People and Economic Development: An International Perspectives (Routledge, London 2016, pp. 344, €70), curato da Katia Iankova e Azizul Hassan, offre un panorama aggiornato della materia. Il libro mette evidenza il dinamismo e la creatività con le quali i popoli in questione cercano di creare strutture economiche rispettose delle loro culture e del loro ambiente naturale. 
Al libro hanno contributo molti studiosi, fra i quali Oyewo Adetola, Ibrahima Diallo, Lisa Rumanen, Peter Shepherd, Ram Vemuri e Geoffrey Wall.
Le aree e i popoli trattati spaziano dal Botswana al Bangladesh, dai Maori agli aborigeni del Quebec.
Katia Iankova, specialista di questioni indigene, collabora a varie riviste accademiche.
Azizul Hassan si occupa soprattutto di temi connessi al turismo e all'etnografia.
Rachel L'Abbé è la fondatrice di Sustainable Destinations Consultancy, una ditta che si occupa di turismo sostenibile nei paesi dell'America "latina".
Per altre informazioni:

www.routledge.com 

Kobane Calling

Si intitola Kobane Calling (Bao Publishing, Milano 2016, pp. 272, € 20) la nuova opera del celebre disegnatore Zerocalcare. Come si può capire dal titolo, è un reportage grafico del viaggio che ha portato l'autore al confine tra la Siria e la Turchia, vicino alla città assediata di Kobanê, dove la minoranza kurda della Siria combatte contro l'ISIS. Già pubblicata nel 2015 su "Internazionale", Kobane Calling conferma la crescente attenzione del fumetto ai temi politici e umanitari contemporanei.   
Kobanê, situata nel nord della Siria, è abitata in prevalenza da kurdi, insieme ad arabi, armeni, assiri e turcomanni. Assediata dal luglio 2014, è stata poi riconquistata in parte dai kurdi. Nel frattempo le forze aeree della NATO, guidate dalla Turchia, hanno colto l'occasione per bombardare le postazioni kurde, spacciando questi attacchi per azioni contro l'ISIS. La città assediata sorge nella regione di Rojava, che il 16 marzo ha dichiarato l'autonomia.  
Zerocalcare racconta i motivi che lo hanno spinto a compiere il viaggio. Umoristico ma anche molto critico nei confronti degli interventi bellici occidentali, il fumetto conferma il valore di questo disegnatore, che come sempre è anche autore del soggetto trattato.
Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech, Arezzo, 1983) è uno dei più innovativi fumettisti italiani. Fra i suoi lavori ricordiamo "Un polpo alla gola" (2012) e "Dimentica il mio nome" (2014), entrambi editi da Bao.
Per altre informazioni: 

www.baopublishing.it 

www.zerocalcare.it

Hopala! 50

La rivista bretone "Hopala! La Bretagne au monde", una delle più belle pubblicazioni dedicate alle culture minoritarie, ha appena pubblicato il cinquantesimo numero. Secondo lo stile che caratterizza la rivista fin dall'inizio, il numero ospita un ricco dossier dedicato alla "cultura invitata": stavolta si tratta di quella polinesiana, poco nota in Europa ma ricca di aspetti stimolanti e insoliti.
Fra gli articoli del dossier spicca quello dove Jacques Bayle-Ottenheim parla dei legami fra alcuni europei celebri e Tahiti: da Giraud a Segalen, da Cook a Gauguin. Roberto Salazar analizza alcuni romanzi polinesiani contemporanei: "Les Immémoriaux" (Victor Segalen), "The Whale Rider" (Witi Ihimaera), "L'île des rêves écrasés" (Chantal Spitz) e "Wulf" (Hamish Clayton). R. Salazar e Coralie Gourdon parlano della lingua polinesiana mettendo in evidenza le sue numerose implicazioni storiche, didattiche, politiche e culturali. La sezione letteraria ospita sonetti di Jean Cloarec, novelle di Christian Le Goff e Thierry Conq, poesie di Jean-Michel Maubert e Danielle Collobert. Le recensioni librarie sono dedicate alle ultime opere di Saskia Hellmund, Panaït Istrati, Gérard Prémel e altri scrittori.l'usobr>"Hopala! La Bretagne au monde" è stata fondata nel 1999 da Jean-Yves Le Disez col nome di "Noir/Blanc", allusione ai colori della bandiera bretone. Dopo il primo numero ha assunto il nome odierno. Ispirandosi alla rivista gallese "Planet", "Hopala!" si propone come una pubblicazione che, partendo da una solida identità culturale bretone, ne fa un trampolino per aprirsi al mondo.
Ogni numero della rivista è una miniera di notizie, riflessioni, interviste, dibattiti e recensioni sulle minoranze di tutto il mondo. Dalla nascita a oggi ha ospitato ricchi dossier sui popoli più diversi, fra cui Corsi (1), Alsaziani (4), Kurdi (16), Palestinesi (22), Gallesi (24) e Occitani (31).
Dalla letteratura alla musica, dalla politica alle arti plastiche, "Hopala!" offre un panorama prezioso per chiunque segua i problemi delle minoranze.|
La rivista, pubblicata con periodicità quadrimestrale, è diretta attualmente da Alain-Gabriel Monot, giornalista e scrittore. Il suo ultimo libro è "Brest des écrivains" (Editions Alexandrines, 2014).
Per altre informazioni:

http://hopala.canalblog.com

Indigenous Language Revitalization in the Americas

I popoli indigeni sono impegnati da molti anni nella conservazione del proprio patrimonio linguistico. Si tratta di un compito difficile, dato che spesso le loro lingue vengono parlate soprattutto dalle vecchie generazioni e quindi rischiano di morire con loro. Fortunatamente non sono soli: ormai sono abbastanza numerose le iniziative scientifiche tese a salvare queste lingue, a rivitalizzarle, a diffonderne l'uso fra le nuove generazioni.
Un frutto di questo impegno accademico è Indigenous Language Revitalization in the Americas (Routledge, London 2016, pp. 326, $145.00), curato da Serafin M. Coronel-Molina e Teresa L. McCarty. 
I contributi esaminano dettagliatamente il continente americano -Canada, Stati Uniti, regione caraibica e America "latina"- mettendo in evidenza i programmi per la rivitalizzazione delle lingue indigene che sono stati varati negli ultimi tempi. Particolare attenzione viene riservata al concetto dei diritti umani linguistici, sul quale insistono vari autori. 
Al libro hanno contribuito numerosi esperti, fra i quali Bret Gustafson, Marleen Haboud, Rosaleen Howard, Mary S. Linn, Jon Reyhner e Tove Skutnabb-Kangas.
Serafín M. Coronel-Molina è Professione associato della School of Education della Indiana University di Bloomington (Indiana/Stati Uniti).br>Teresa L. McCarty insegna Educazione e Antropologia alla University of California di Los Angeles.
Per altre informazioni:

www.routledge.com

The Indigenous Peoples of Trinidad and Tobago
from the First Settlers until Today

La maggior parte dei libri sui popoli indigeni delle Americhe si concentra su quattro aree continentali: la regione artica, gli Stati Uniti, il Messico e l'America centrale, il Sudamerica. Restano piuttosto trascurati, al contrario, quelli delle isole caraibiche. 
Un volume che colma almeno in parte questa grave lacuna è The Indigenous Peoples of Trinidad and Tobago from the First Settlers until Today (Sidestone Press), Leiden 2016, pp.
Opera veramente unica nel suo genere, il libro ricostruisce con la massima cura le vicissitudini dei popoli amerindiani che hanno vissuto o che vivono tuttora sulle isole di Trinidad e Tobago, partendo dall'8000 a. C. per arrivare ai nostri giorni. 
Grazie a un'imponente ricerca interdisciplinare - archeologica, linguistica, storica - Boomert ci offre un panorama minuzioso delle società indigene che si sono avvicendate nel corso dei secoli. Al tempo stesso l'autore scardina molti stereotipi e nozioni false che circolano sui popoli in questione. Un'opera autorevole e stimolante.
Arie Boomert (1946) ha lavorato come archeologo al Surinaams Museum (Paramaribo), all'Università di Leida (Paesi Bassi), e all'Università delle Indie Occidentali (Trinidad). In pensione dal 2011, continua a collaborare con vari istituti. 
Per altre informazioni:

www.sidestone.com

Tomi Ungerer: Incognito

Il 18 marzo si è aperta al Folkwang Museum di Essen (Germania) la mostra Tomi Ungerer: Incognito, dedicata al celebre disegnatore alsaziano. Ai visitatori viene proposta un'ampia scelta di lavori -collages, disegni, manifesti- che mettono in evidenza la versatilità e la ricchezza espressiva dell'artista renano. La mostra resterà aperta fino al 16 maggio (Museumsplatz 1, Essen).
Jean-Thomas (Tomi) Ungerer (Strasburgo, 1931) è dei maggiori disegnatori dell'ultimo mezzo secolo. Molto legato all'identità  alsaziana, ha vissuto anche a New York, in Canada e in Irlanda. La sua attività poliedrica spazia dai fumetti per bambini alla pubblicità, dalle opere su temi alsaziani a quelle erotiche. Fortemente impegnato su molti temi sociali, Ungerer è l'unico artista europeo al quale sia stato dedicato un museo in vita (Musée Tomi Ungerer/Centre international de l'illustration, aperto a Strasburgo nel 2007). Nel 2015 la prestigiosa rivista "Saisons d'Alsace" gli ha dedicato un numero monografico ("100% Tomi Ungerer"). Fra le sue opere tradotte in italiano, "Niente baci per la mamma" (Nord-Sud, 2012), "L'uomo della nebbia" (Mondadori Electa, 2013) e "I tre briganti" (Nord-Sud, 2015).
Per altre informazioni:

www.museum-folkwang.de

www.tomiungerer.com

Minorities under Attack:
Othering and Right-Wing Extremism in Southeast European Societies

Per l'Unione Europea il rispetto dei diritti delle minoranze è un criterio molto elastico. Se la Turchia chiede di aderire all'UE, infatti, questo rispetto viene posto come una condizione fondamentale. Gli stati comunitari, al contrario, vengono lasciati liberi di regolare questa materia come meglio credono; in altre parole, di tutelare o reprimere i diritti delle minoranze, secondo quelli che preferiscono.
Lo conferma il fatto che l'UE non sembra minimamente preoccupata dalla situazione sempre più critica in cui versano le minoranze dei paesi ex comunisti. Una situazione come questa non poteva certo lasciare indifferenti gli studiosi.
Lo conferma Minorities under Attack: Othering and Right-Wing Extremism in Southeast European Societies (Harrassowitz Verlag, Wiesbaden 2016, pp. 298, € 58), curato da Sebastian Goll, Martin Mlinarić e Johannes Gold.
Fra i temi analizzati, l'estrema destra ungherese (Philipp Karl) e romena (Sebastian Goll); l'odio nei confronti degli Zingari (Jelena Kisi
e Željana Tuni); i rapporti fra Serbi e Albanesi nel Kosovo (Zhidas Daskalovski); il nazionalismo croato (Dragan Šljivi).
Gli studiosi non intendono gridare al lupo, ma individuare quali siano le minacce che gravano sul futuro delle minoranze in questione.
L'estrema destra rappresenta un pericolo reale che non può essere combattuto con le armi logore e spuntate dell'antifascismo di maniera.
Sebastian Goll, Martin Mlinarić e Johannes Gold sono dottorandi dell'Università di Jena, specializzati nei temi suddetti.
Per altre informazioni:

www.harrassowitz-verlag.de

Faroe-Islander Saga:
A New English Translation

Gran parte di quelle che oggi chiamiamo minoranze hanno una storia antica. Quindi, anche se questa mailing list si occupa in prevalenza di temi attuali o molto recenti, ogni tanto ci sembra opportuno dare spazio a questioni più remote.
Per questo motivo segnaliamo il libro Faroe-Islander Saga: A New English Translation (McFarland Books, Jefferson [NC] 2016, pp.176, $35.00), la nuova traduzione inglese che Robert K. Painter propone della Faereyinga saga, scritta da un anonimo islandese nel tredicesimo secolo. 
La saga faroese appartiene alla ricca letteratura nordica del basso Medioevo, la stessa che comprende la celebre Edda di Snorri Sturluson e
la "Saga dei Völsungar", alla quale si ispirò Richard Wagner per "L'anello del Nibelungo".
La "Faroe-Islander Saga" è la storia della cristianizzazione forzata del piccolo arcipelago, voluta dal re norvegese Olaf I, che ebbe luogo attorno al 1000. La resistenza indigena, fedele al politeismo, fu guidata da Tróndur (945 ca.-1035), detto Tróndur í Gøtu (Tróndur di Gøta, dal nome del suo villaggio natale).  
L'arcipelago delle Faroe appartiene alla Danimarca ma è dotato di ampia autonomia.
Robert K. Painter ha tradotto numerose opere dal tedesco e dall'islandese antico in inglese. Insegna Linguistica alla Northeastern University di Boston.
Per altre informazioni: 

www.mcfarlandbooks.com

Irlande rebelle

Il nuovo numero de "La Nouvelle Revue d'Histoire", (83, mars-avril 2016), l'autorevole rivista di divulgazione storica fondata da Dominique Venner, contiene un dossier sul tema Irlande rebelle. La scelta è stata suggerita dal centesimo anniversario della Rivolta di Pasqua (1916) della quale abbiamo già parlato. 
L'editoriale del direttore Philippe Conrad, "L'exemple irlandais", apre il dossier in modo chiaro e sintetico.
La rivolta irlandese del 1916 segnò l'avvio del processo che avrebbe portato alla nascita della repubblica irlandese. Si tratta di una  delle pagine più belle e più entusiasmanti della lotta anticolonialista europea. La rivolta dei patrioti irlandesi può considerarsi l'erede ideale di una sollevazione analoga ma molto meno fortunata, quella con la quale Pasquale Paoli (1725-1807) aveva cercato di liberare la Corsica da cinque secoli di dominio genovese. L'Irlanda e la Corsica, insomma, ci ricordano che la lotta contro il colonialismo non è nata nel secondo dopoguerra, ma che è stata combattuta anche molto prima da europei contro altri europei.  
Il dossier non dimentica alcune pagine fondamentali della storia irlandese recente, come la nascita dell'IRA e la grande carestia che colpì l'isola 1845 e il 1852, causando almeno un milione di morti.
Fra gli altri temi trattati nel numero, un'intervista all'ispanista Adeline Rucquoi sul cammino di Santiago de Compostela e un articolo su Jean Moulin, figura centrale della resistenza antifascista francese.
Per altre informazioni:

www.la-nrh.fr

Handbook of Indigenous Peoples' Rights

In febbraio è stato pubblicato un volume molto atteso, Handbook of Indigenous Peoples' Rights (Routledge, London 2016, pp. 476, £150.00), a cura di Corinne Lennox e Damien Short. L'opera conferma la qualità dell'impegno accademico dedicato alla questione indigena.
I curatori hanno riunito ventotto studiosi che hanno esplorato il tema in tutti i suoi risvolti giuridici, sociali, culturali e ambientali.
Paul Havemann esamina l'impatto dei fenomeni climatici (Mother Earth, Indigenous Peoples and Neo-liberal Climate Change Governance), mentre  Corinne Lewis analizza quello delle multinazionali (Indigenous Peoples and the Corporate Responsibility to Respect Human Rights).
Al tema fondamentale "Justice and Reparations" è dedicata un'intera sezione del volume. In questa Andrew Gunstone tratta la questione degli "stolen children" aborigeni (Reconciliation, Reparations and Rights: Indigenous Australians and the Stolen Generations).   
Altri autori esaminano casi regionali. Fra questi, Raja Devashish Roy (International Human rights Standards and Indigenous Peoples' Land and Human Rights in Asia), Peter Jonasson (Indigenous Self-determination in the Nordic Countries: The Sami, and the Inuit of Greenland) e Rachel Sieder (Indigenous Peoples' Rights and the Law in Latin America). Non mancano alcuni italiani, come Maria Sapignoli (Indigenous Mobilisation
and Activism: The San, the Botswana State, and the International Community) e Marco Odello (The United Nations Declaration on the Rights of Indigenous Peoples).  
Merita un plauso lo sforzo di coinvolgere un gruppo internazionale di studiosi, anziché privilegiare quelli anglofoni come accade spesso in opere di questo tipo. Purtroppo il prezzo è molto alto, ma chi deciderà di fare questo sforzo sarà ampiamente ripagato. 
Corinne Lennox è Direttrice associata dello Human Rights Consortium, School of Advanced Study, University of London. Specializzata nei temi connessi ai popoli indigeni e alla protezione dei loro diritti, ha collaborato con varie ONG, fra le quali il Minority Rights Group. Scrive per alcune riviste specializzate, come "Netherlands Quarterly of Human Rights" e "International Journal on Minority and Group Rights".
Damien Short è il direttore dello Human Rights Consortium suddetto. Specialista della questione indigena, ha approfondito il problema della riconciliazione che è emerso in Australia a proposito degli "stolen children". Collabora a varie riviste e dirige "International Journal of Human Rights".  
Per altre informazioni:

www.routledge.com   

Commemoration in Transition:
Navigating Memory in Contested Societies

In occasione del centenario della Rivolta di Pasqua che ebbe luogo a Dublino fra il 24 e il 30 aprile 1916 alcune pubblicazioni accademiche dedicano dei numeri monografici a questo avvenimento capitale del ventesimo secolo. Una di queste è "Irish Political Studies", il cui nuovo numero (XXXI, 1, 2016) ha per titolo Commemoration in Transition: Navigating Memory in Contested Societies.
Come impone l'occasione, il fascicolo contiene saggi di studiosi prestigiosi, fra i quali Timothy J. White e Denis Marnane (The Politics of Remembrance: Commemorating 1916), Sara Dybris McQuaid (Passive Archives or Storages for Action? Storytelling Projects in Northern Ireland), Elazar Barkan (Memories of Violence: Micro and Macro History and the Challenges to Peacebuilding in Colombia and Northern Ireland) e Brendan
Ciarán Browne (Choreographed Segregation: Irish Republican Commemoration of the 1916 Easter Rising in "Post-Conflict" Belfast).
Di notevole interesse è anche il contributo di Stephen Hopkins (Our Whole History has been Ruined!’ The 1981 Hunger Strike and the Politics of Republican Commemoration and Memory), che si riallaccia allo sciopero della fame che costò la vita a Bobby Sands.
Una lettura obbligata per chi si occupa di storia irlandese, ma al tempo stesso una lettura consigliata a chi vuole approfondire una pagina tragica della storia europea recente.
"Irish Political Studies" è la rivista ufficiale della Political Studies Association of Ireland (PSAI).
Per altre informazioni:

www.tandfonline.com/toc/fips20/current