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L'insurrezione irlandese

Il celebre proverbio "Nella botte piccola c'è il vino buono" è applicabile anche ai libri: lo dimostra L'insurrezione irlandese (Menthalia, Napoli 2015, pp. 125, € 12), scritto da James Stephens.
Il libro ripercorre la rivolta che ebbe luogo a Dublino nella settimana fra il 24 e il 30 aprile 1916, la cosidetta "Easter Rising" (rivolta di Pasqua). Si tratta di un resoconto di particolare interesse, perché Stephens lo scrisse proprio nei giorni della rivolta. Non si trattò di una sollevazione popolare: i partecipanti furono appena un migliaio. Il resto della popolazione restò indifferente, quando non apertamente contraria. Questo atteggiamento cambiò dopo la repressione del governo britannico, che aveva fatto giustiziare o incarcerare gli insorti. Fu solo allora che il popolo comprese le loro ragioni e si schierò dalla loro parte.  
In ogni caso la rivolta di Pasqua inferse un colpo mortale all'impero britannico: nel 1922 l'Irlanda avrebbe acquistato una certa autonomia diventando un dominion della Corona britannica, quindi avrebbe ottenuto l'indipendenza nel 1949. Purtroppo, come sappiamo, sarebbero rimaste soggette al dominio britannico le sei contee che oggi formano l'Irlanda del nord.
Mai tradotto prima in italiano, il volume è frutto della collaborazione fra due esperti prestigiosi: il traduttore Enrico Terrinoni, autore della nuova traduzione del famoso "Ulisse" di James Joyce (Newton Compton, 2012) insieme a Carlo Bigazzi, e il curatore Riccardo Michelucci, autore di "Storia del conflitto anglo-irlandese. Otto secoli di persecuzione inglese" (Odoya, 2009). 
L'opera verrà presentata sabato 10 ottobre al CPA Firenze Sud (Via di Villamagna,  27/a) alle ore 21.15.  
Per altre informazioni:

www.menthalia.com/insurrezionedidublino

National Minority

Capita di rado che questa mailing list si occupi di opere teatrali, e ancora più raramente che questo avvenga per piccole minoranze che non ricevono una certa attenzione mediatica. Non per nostra scelta, ovviamente, ma soltanto perché di queste ultime ne vengono realizzate poche.
Per questo segnaliamo molto volentieri National Minority, il nuovo testo teatrale dove Alan Kent mette in evidenza la cultura celtica della sua terra, la Cornovaglia. 
La storia ha luogo in questa regione all'inizio del Novecento. Nella biblioteca di una casa di campagna Edward Cardew, antiquario e studioso di cultura celtica, fa una grande scoperta. Nello stesso luogo, 115 anni dopo, il giovane studiso Jake Rowe approfondisce la vita e le opere di Cardew, rendendosi conto che questo ha svolto un ruolo fondamentale nella riscoperta dell'identità celtica della Cornovaglia.
Il titolo "National Minority" ha un evidente significato politico: il 24 aprile 2014 la minoranza cornica è stata riconosciuta ufficialmente accanto a quelle già esistenti (gallese, irlandese e scozzese).   
Il testo è pubblicato in volume da Francis Boutle.
Alan M. Kent è nato a Saint Austell (Cornovaglia/Gran Bretagna) nel 1967. Poeta, romanziere e autore teatrale, ha curato fra l'altro "Looking at the Mermaid: A Reader in Cornish Literature 900–1900 (Francis Boutle, 2000) insieme a Tim Saunders, e ha tradotto in inglese "Ordinalia: The Cornish Mystery Play Cycle" (Francis Boutle, 2006), un importante ciclo medievale cornico.

Per altre informazioni:

www.gwaryteg.com

www.francisboutle.co.uk

Apology and Reconciliation in International Relations:
The Importance of Being Sorry

Negli ultimi anni la pratica delle scuse ufficiali per i genocidi e i crimini analoghi ha guadagnato un peso piuttosto rilevante all'interno delle relazioni internazionali. Si tratta di una materia molto articolata: ciascun caso deve essere analizzato singolarmente, tenendo conto del contesto storico, delle condizioni necessarie per le scuse e dell'efficacia concreta che queste possono avere.
A questa materia è dedicato il libro Apology and Reconciliation in International Relations: The Importance of Being Sorry (Routledge, London 2015, pp. 306, $160.00), curato da Christopher Daase, Stefan Engert, Michel-André Horelt, Judith Renner e Renate Strassner.
I casi analizzati spaziano dalla Bosnia all'Indonesia, dalla Germania al Giappone. In altre parole, si tratta di alcune delle tragedie che hanno segnato il secolo scorso, come l'invasione di Timor est, la Shoah, il genocidio armeno e quello degli Herero dell'Africa di Sud-Ovest (oggi Namibia).
I saggi del libro, firmati da esperti autorevoli, cercano di sistematizzare una materia che ne aveva bisogno. A questo scopo utilizzano una grande varietà di studi filosofici, politici, psicologici e sociologici.
Christopher Daase insegna International Organization alla Goethe-Universität di Francoforte. I suoi principali interessi accademici sono la sicurezza internazionale e le relazioni internazionali. 
Stefan Engert è Senior Research Fellow al Department of International Organization del medesimo ateneo. Ha pubblicato numerosi libri, fra i quali "EU Enlargement and Socialization: Turkey and Cyprus" (Routledge, 2010).
Michel-André Horelt è Assistente alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco. Si occupa soprattutto di riconciliazione post-bellica.
Judith Renner è Assistente presso il Dipartimento di Scienze politiche della Technische Universität di Monaco. Esperta di riconciliazione e diritti umani, ha pubblicato "Discourse, Normative Change and the Quest for Reconciliation in Global Politics" (Manchester University Press, 2013).
Renate Strassner e Teaching Fellow alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco. Autrice di molte ricerche nel sudest asiatico, ha scritto vari saggi per riviste accademiche.

Per altre informazioni:

www.routledge.com

La France et les Touaregs:
De la colonisation à la 3e guerre mondiale

Ecco finalmente un'opera sui Tuareg che non legge la storia recente di questo popolo africano con i logori stereotipi romantico-avventurosi degli "uomini blu", ma inquadrandola nel suo complesso contesto geopolitico e culturale, senza tralasciare il forte ìmpatto dell'estremismo islamico. Si tratta di La France et les Touaregs: De la colonisation à la 3e guerre mondiale (Temporis, Paris 2015, pp. 336, € 21,90).
Scritto da Paul Anselin, il libro disegna un ampio affresco della società tuareg e delle sue caratteristiche culturali. Ripercorre la strenua
resistenza di questo popolo al colonialismo francese, evidenziando gli effetti negativi della cosiddetta "decolonizzazione", che per alcuni versi ha addirittura peggiorato le cose.
Come si diceva sopra, il volume arriva fino ai nostri giorni, analizzando l'effetto devastante dell'offensiva islamica. Questa ha provocato delle divisioni fra le varie organizzazioni tuareg, dato il sostegno - comunque minoritario - che alcune hanno deciso di dare all'islamismo  radicale. Inoltre, dato che i Tuareg vivono in molti paesi (Libia, Mali, Niger, etc.), Anselin dedica un certo spazio alle implicazioni che la loro presenza determina nella politica della regione.
L'autore tratta con cura le rivendicazioni politiche e identitarie dei Tuareg, oggi più che mai divisi fra autonimsti e indipendentisti. Paul Anselin (Arcachon, 1931) è un esponente politico francese (UMP). Ex sindaco di Ploërmel, ha ricoperto anche altre cariche istituzionali.
Ha pubblicato la biografia "Kitbouka, le croisé mongol" (Jean Picollec, 2011).

Per altre informazioni:

http://editions-temporis.com

Lost Birds

Anno dopo anno, il castello di falsità sul quale poggia il negazionismo turco si fa sempre più fragile. Questo accade anche in Turchia, dove sono sempre più numerosi gli studiosi e gli intellettuali che riconoscono il genocidio armeno. Dopo le loro prese di posizione, espresse in libri, saggi e interviste, ecco che arriva anche il cinema. Stiamo parlando di Yitik Kuşlar (Lost Birds), il primo film prodotto in Turchia sul genocidio.
Scritto e diretto dai registi turchi Ela Alyamaç e Aren Perdeci, "Lost Birds" è la storia di Bedo e Maryam, fratello e sorella, che salvano un uccello ferito e lo chiamano Bachig. La felice vita familiare dei bambini viene interrotta quando i soldati ottomani irrompono in casa e portano via il loro nonno. Un giorno, sebbene fosse stato loro vietato di lasciare la casa, i due escono per controllare come stia il loro uccello. Quando ritornano trovano la casa vuota, proprio come il villaggio, ormai deserto perché le famiglie armene sono state portate via.Bedo e Maryam cominciano quindi a cercare la madre.
"Vogliamo che la gente veda 'Lost Birds' nel centesimo anniversario del 1915. Questa è la prima volta che un film su questa tragedia viene realizzato in Turchia. La nostra speranza è che il film venga proiettato in tutto il mondo" hano detto i due registi durante un'intervista.
Ancora non sappiamo se il film avrà un distributore italiano, ma crediamo che l'importanza del tema trattato legittimi un certo ottimismo.

Per altre informazioni:

https://www.facebook.com/lostbirdsfilm

https://vimeo.com/127820102 

Ethnic China:
Identity, Assimilation, and Resistance

Per la maggior parte dei media, purtroppo, la Cina rimane oggetto d'interesse soltanto quando si parla di economia, di mercati e simili. La feroce repressione delle sue numerose minoranze, invece, sembra un tema definitivamente archiviato. Fa eccezione la pubblicistica anglofona, che continua a occuparsene in modo regolare e approfondito.
Lo dimostra Ethnic China: Identity, Assimilation, and Resistance (Lexington Books, Lanham [MD] 2015, pp. 318, $95.00), curato da Xiaobing Li e Patrick Fuliang Shan.
Gli autori, tutti studiosi cinesi che insegnano negli Stati Uniti, ci offrono un ampio ventaglio di analisi stimolanti su temi che spaziano dalla questione tibetana all'identità nazionale cinese, dalla situazione degli Uiguri alla politica statunitense sui diritti umani.
I saggi contenuti nel volume mettono in luce il contrasto fra la società armoniosa dipinta dal potere centrale e la dura realtà quotidiana, dove il rapido progresso economico non ha risolto tutti i problemi di questo paese multietnico.
Xiaobing Li insegna Storia e Geografia alla University of Central Oklahoma di Edmond (Oklahoma/Stati Uniti), dove dirige il Western Pacific Institute.
Patrick F. Shan è Professore Associato di Storia alla Grand Valley State University di Allendale (Michigan/Stati Uniti).

Per altre informazioni:

https://rowman.com/Lexington

Racisms:
From the Crusades to the Twentieth Century

Combattuto spesso più a parole che in modo concreto, il razzismo è una piaga che ha attraversato i secoli assumendo nuove sembianze che gli hanno permesso di arrivare fino ai nostri giorni. Il libro Racisms: From the Crusades to the Twentieth Century (Princeton University Press, Princeton [NJ] 201, pp. 464, $29.95), scritto da Francisco Bethencourt, ricostruisce con esemplare precisione il suo lungo cammino storico. L'autore si concentra sull'Europa e sull'America, ma senza dimenticare certe opportune comparazioni con l'Asia e con l'Africa.
Il tema viene trattato nel modo più ampio, includendo numerosi casi di schiavismo, pulizia etnica e migrazione forzata.
Il libro dimostra che il razzismo, fenomeno vario e complesso, precede le sue teorizzazioni ideologiche, e che è strettamente legato a precise gerarchie sociali e condizioni locali. Il volume è arricchito da un notevole corredo icononografico.
Francisco Bethencourt insegna Storia al King's College di Londra. Ha pubblicato "The Inquisition: A Global History" (Cambridge University Press, 2009).

Per altre informazioni:

http://press.princeton.edu

Bringing the Circle Together:
una nuova rivista dedicata alle culture indigene delle Americhe

Annunciamo con molto piacere il primo numero di Bringing the Circle Together, una nuova rivista trimestrale illustrata dedicata alle culture indigene delle Americhe, incluse le Hawai'i (che in termini geografici e culturali appartengono all'Oceania).
La rivista viene pubblicata dalla casa editrice A Raven Above Press, il cui fondatore Lorin Morgan-Richards è al tempo stesso direttore di "Bringing the Circle Together".  
Il primo numero contiene fra l'altro interviste con la famosa cantante oneida Joanne Shenandoah e con l'attivista lakota Greg Grey Cloud; un articolo su Will Rogers (1879–1935), attore cherokee, che fu uno dei principali esponenti mediatici del primo Novecento; articoli su cucina, folklore, poesia, etc.
La rivista è l'erede diretta dell'omonima serie di documentari televisivi sulle culture indigene nordamericane(2008-2012).
Lorin Morgan-Richards, statunitense di origine gallese, ha fondato il principale festival di cultura gallese che si tiene negli Stati Uniti. Ha scritto vari libri, fra i quali "A Welsh Alphabet" (A Raven Above Press, 2010). Illustratore oltreché scrittore, dirige anche la rivista "Celtic Family Magazine", dedicata alle culture celtiche.

Per altre informazioni:

www.aravenabovepress.com

www.lorinrichards.com

 

Aon Teanga - Un Çhengey:
tre popoli, una lingua

Le lingue autoctone dei sei popoli celtici si dividono in due gruppi: le brittoniche (bretone, cornico e gallese) e le gaeliche (irlandese, manx e scozzese). I popoli in questione sono legati fra loro da una solidarietà politica e culturale che non tiene conto di questa divisione interna, ma ciò non impedisce che occasionalmente vengano realizzate delle iniziative distinte in base a tale differenza linguistica.
La più recente è il CD Aon Teanga: Un Çhengey (Una lingua), che è stato inciso da tre cantanti: Ruth Keggin (Isola di Man), Mary Ann Kennedy (Scozia) ed Eoghan Ó Ceannabháin (Irlanda). Il disco (Watercolour Music, 2015) celebra i legami musicali, culturali e linguistici delle tre lingue gaeliche.
Nei 13 brani del CD i tre artisti sono accompagnati da Finlay Wells (chitarra), Ultan O' Brien (violino) e Gordon MacLean (basso).
Le lingue sono tre, ma il titolo ne utilizza solamente due: "un çhengey" significa "una lingua" in manx, mentre "aon teanga" significa "una lingua" sia in irlandese che scozzese. Nel disco brani tradizionali si alternano a nuove composizioni. 
Un lavoro fatto col cuore, ricco di antiche melodie che conservano un fascino enorme.
La presentazione ufficiale del CD avrà luogo il 18 settembre al Centenary Centre di Peel (Isola di Man), dove i musicisti suddetti terranno un concerto.
Ruth Keggin, nata sull'Isola di Man, ha esordito col CD "Sheear" (Purt Sheearan Records, 2014). Ha fondato il gruppo Nish As Rish, dove oltre a cantare suona il flauto e lo whistle (flauto irlandese). Il gruppo è stato premiato al Festival Interceltique di Lorient del 2011.
Mary Ann Kennedy, musicista scozzese di formazione classica, ha prodotto dischi di James Graham, Donnie Murdo MacLeod, Shona Mooney, Catriona Watt e altri musicisti. Presentatrice radiofonica, dirige l'etichetta Watercolour Music insieme al marito Nick Turner.
Eoghan Ó Ceannabháin, nome promettente della scena musicale irlandese, canta, suona il flauto e la concertina. Ha collaborato al CD di Ruth Keggin "Sheear" e al progetto "The Gathering: Collected Oral Histories of the Irish in Montana". Suona nel gruppo Skipper's Alley.

Per altre informazioni:

 http://aonteanga.co.uk

www.maryannkennedy.co.uk

www.ruthkeggin.com

www.skippersalley.ie

www.watercolourmusic.co.uk

 

La Corse et ma guitare:
Une histoire passionnée de la musique corse

Il panorama della musica corsa, ancora poco noto in Italia, comprende una ricchissima varietà di espressioni: dal cabaret alla polifonia, dai gruppi militanti come L'Arcusgi, Canta u populu corsu e Chiami Aghjalesi ai nuovi talenti come Battista Acquaviva e Petru Santu Guelfucci.
In quest'isola, molto legata all'Italia dalla lingua e dalla storia, la musica ha svolto un ruolo culturale molto importante, stimolando una presa di coscienza che viene chiamata "Riacquistu".  Nel libro La Corse et ma guitare: Une histoire passionnée de la musique corse (Privat, Toulose 2015, pp. 376, € 17,50) Jean Mattei racconta in modo preciso e appassionato lo sviluppo della musica isolana. L'autore ha partecipato direttamente a questo fermento col suo gruppo Alte Voce.
Riccamente illustrato, il libro include un'ampia scelta dei pezzi scritti da Mattei in corso e in francese, accanto a varie canzoni popolari di altri autori.
Jean Mattei ha studiato musica con Paulo Quilici e Antoine Bonelli. Canta, compone, suona l'armonica, la chitarra e il mandolino. Ha fatto parte di vari gruppi, fra i quali A Sirinata Aiaccina e I Muvrini. Fondatore di Alte Voce, si esibisce da solista. Ha pubblicato vari libri, fra i quali "L'odyssée Corse: Tra u pumonte e u cismonte" (Privat, 2010), insiema al fotografo portoghese Fernando Ferreira.
Per altre informazioni: 

www.editions-privat.com

The Armenian Genocide after 100 Years:
New Historical Perspectives

Si intitola The Armenian Genocide After 100 Years: New Historical Perspectives il numero monografico (XVII, 3, 2015) che la rivista "Journal of Genocide Research" dedica al genocidio armeno. 
L'introduzione è firmata da Taner Akçam, il famoso storico che per primo ha riconosciuto il genocidio in questione, e al quale ha dedicato molti saggi e libri.
Ümit Kurt traccia un parallelo stimolante fra il saccheggio delle proprietà armene realizzato all'epoca del genocidio e quello di cui furono
vittime gli ebrei durante la Shoah (Legal and official plunder of Armenian and Jewish properties in comparative perspective: the Armenian Genocide and the Holocaust).
Margaret Lavinia Anderson analizza con cura il contesto storico che precedette la tragedia armena (A responsibility to protest? The public, the Powers and the Armenians in the era of Abdülhamit II). 
Seyla Benhabib si sofferma sul tema della memoria, mettendo in parallelo l'esperienza turca, quella armena e quella ebraica (Of Jews, Turks and Armenians: entangled memories — a personal recollection).
Gli altri saggi sono firmati da studiosi di vaglia come Hans-Lukas Kieser, Mehmet Polatel & Thomas Schmutz
Il "Journal of Genocide Research", nato nel 1999, è l'organo ufficiale dell'International Network of Genocide Scholars (INOSG). Attualmente è diretto da Cathie Carmichael (University of East Anglia), Simone Gigliotti (Victoria University of Wellington), Jens Meierhenrich (London School of Economics) e Dan Stone (Royal Holloway, University of London).

Per altre informazioni:

www.tandfonline.com/toc/cjgr20/current

Moonshot:
The Indigenous Comics Collection (Vol. 1)

Ormai la creatività artistica dei popoli indigeni si esprime nei campi più diversi. Basti pensare ad attori come Rena Owen (maori) e Graham Greene (oneida); a musicisti come l'aborigeno William Barton, virtuoso del dodjeridoo; a scrittori amerindiani come Sherman Alexie e Louise Erdrich, o tuareg come Hawad. In questa varietà sta trovando spazio anche il fumetto.
Un ottimo esempio è Moonshot: The Indigenous Comics Collection (Vol. 1), un volume curato da Hope Nicholson, prestigiosa esperta della nona arte. Quasi tutti gli scrittori e i disegnatori che hanno contribuito al libro (AH Comics, Toronto [ON] 2015, pp. 176, $19.99) sono indigeni, e in particolare indiani nordamericani: Elizabeth LaPensée (anishinaabe), Jon Proudstar (yaqui/maya), Arigon Starr (kickapoo), etc. 
Tutti vantano una lunga esperienze nel campo del fumetto, generalmente in quello dedicato ai supereroi, si tratti di personaggi famosi come Batman, Hulk e Spiderman oppure di altri quasi ignoti in Italia, loro stessi indigeni, come Dark Owl e Kagagi.  
Le storie raccolte nel volume non contengono gli stereotipi e i pregiudizi che conosciamo: i protagonisti sono personaggi complessi, capaci di provare vere emozioni. Non solo, ma sono state realizzate coinvolgendo dei saggi anziani, che hanno approvato le storie stesse e il modo in cui sono state proposte. Questo fa dell'antologia in questione un'opera autentica e genuina.
"Moonshot" è il frutto di un mondo culturale variegato che supera i confini del fumetto toccando molte altre forme espressive: per questo ci troviamo fra gli altri Michael Sheyahshe, autore del libro "Native Americans In Comic Books: A Critical Study" (McFarland, 2008); Jay Odjick, produttore televisivo; musiciste come Arigon Starr, autrice del musical "The Red Road", e Buffy Sainte-Marie (il titolo del volume è tratto da una sua vecchia canzone). 
Estremamente curata anche in termini grafici, l'antologia è un ottimo documento della validità e della modernità che i popoli indigeni sono capaci di esprimere.
Hope Nicholson, nata a Winnipeg e residente a Toronto, ha lavorato per alcuni anni nell'industria cinemagrafica. Ha curato numerose opere a fumetti, fra le quali spicca la ristampa di "Nelvana of the Northern Lights" (IDW Publishing, 2014), eroina inuit del fumetto canadese degli anni Quaranta, che ha realizzato insieme a Rachel Richey.
La casa editrice AH Comics, fondata a Toronto nel 2011, è diretta dal disegnotore-soggettista Andy Starleigh.

Per altre informazioni:

http://ahcomics.com

http://hopenicholson.com

http://nelvanacomics.com

Háwar:
Meine Reise in den Genozid

Come abbiamo già scritto più volte, la violenza sanguinaria dell'ISIS sta compiendo un vero e proprio genocidio. Si tratta di uno sterminio generalizzato che colpisce soprattutto le minoranze religiose: gli Assiri cristiani e gli Yezidi.
Purtroppo, come sappiamo, i mezzi d'informazione non evidenziano tutte le tragedie nello stesso modo. Ma chi vuole informarsi correttamente ha diversi strumenti a disposizione: libri, articoli, siti, etc.
Fra questi materiali spicca il recente documentario
Háwar: Meine Reise in den Genozid, realizzato da Düzen Tekkal, giornalista e regista yezidi che vive in Germania.
Molti accoglieranno con vivo stupore l'esistenza di un genocidio yezidi: questo conferma il ruolo negativo della stampa,
che ha il potere di decidere quali tragedie meritino di essere conosciute e quali devono invece restare ignote.
In ogni caso, ormai abbiamo capito che per parlare di genocidio non è necessaria una complessa congiunzione di elementi: dalla Cambogia al Ruanda, dal Biafra al Tibet,
 l'annientamento sistematico di un popolo è diventato una parte integrante dell'attualità.
Nonostante il
silenzio della stampa, la Rete e l'impegno militante di giornalisti come Düzen Tekkal sono in grado di dare visibilità alle tante tragedie che si stanno realizzando sotto i nostri occhi, mentre l'ONU e l'Unione Europea sono caratterizzate da un'inerzia colpevole. Per questo consigliamo vivamente la visione di "Háwar: Meine Reise in den Genozid", che offre numerose testimonianze dirette.
Düzen Tekkal è una giornalista esperta di questioni mediorientali. Vincitrice di vari premi, ha lavorato per numerose televisioni tedesche.


Per altre informazioni:

http://duezentekkal.de

Forgotten Genocide:
per non dimenticare il genocidio dei musulmani bosniaci

Qualche settimana fa (12 luglio) abbiamo annunciato l'uscita di Forgotten Genocide, l'interessante documentario sul genocidio dei musulmani bosniaci realizzato dalla Islamic Human Rights Commission (IHRC) di Londra. 
Il documentario, diretto da Assed Baig e prodotto da Arzu Merali, comprende numerose testimonianze dei sopravvissuti e dei prigionieri, come anche varie interviste, fra le quali quella con Murat Tahirovic, presidente dell'Association of Witnesses and Victims of Genocide.
Ora torniamo a parlarne in occasione della sua prima proiezione pubblica, che si terrà martedì 15 settembre (ore 19) alla Rich Mix Cultural Foundation di Londra (35-47 Bethnal Green Road).
La proiezione sarà accompagnata da un dibattito e dalla lettura di alcune paesie bosnaiche.
Una serata analoga inizierà alla stessa ora nei locali dell'Islamic Centre of England (140 Maida Vale, Londra).
Entrambi gli incontri saranno a ingresso libero.
Chi vuole organizzare una proiezione del documentario può contattare nadia@ihrc.org o telefonare allo 0044-20-89044222.

Per altre informazioni:

www.ihrc.org

Corse:
Richesses archéologiques de la préhistoire à l'époque moderne

Solitamente, quando parliamo della Corsica, mettiamo in luce le numerose questioni politiche e culturali che riguardano quest'isola vicina. Stavolta, però, ci sembra opportuno fare un'eccezione per segnalare il nuovo numero dei "Dossiers d'Archéologie" (370, juillet/août 2015, pp. 96, € 9,80), dedicato al tema Corse: Richesses archéologiques de la préhistoire à l'époque moderne.
Popolata già durante il Neolitico, l'isola presenta particolarità archeologiche di enorme interesse. Il fascicolo propone quindi un viaggio stimolante attraverso le culture delle popolazioni che hanno abitato la Corsica dai primi insediamenti umani fino al dominio genovese.
Scritti da esperti di rango, gli articoli spaziano dall'era megalitica ("Les mégalithes de Corse") alla storia di Alalia, l'odierna Aleria ("L'antique Aléria"), con ampio spazio per le città nate sotto il dominio della Superba ("La ville de Bonifacio. Recherches récentes";  Entre Porto et Calvi. Le fortin de Girolata").
Al tempo stesso vengono messe in evidenza le ultime iniziative regionali tese alla valorizzazione del patrimonio archeologico locale.
Per altre informazioni:

www.dossiers-archeologie.com

Pacific Alternatives:
Cultural Politics in Contemporary Oceania

Nel ventesimo secolo, e in particolare dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il continente oceanico è stato oggetto di trasformazioni sociali e culturali profonde. Questi cambiamenti si sono manifestati diversamente: in Australia e in Nuova Zelanda, per esempio, hanno avuto un impatto minore di quello che hanno avuto nella Polinesia "francese" o nell'area melanesiana, meno soggette all'influenza europea.
Si tratta di temi quasi ignoti in Italia, ma non nei paesi anglofoni.   
Lo conferma Pacific Alternatives: Cultural Politics in Contemporary Oceania (Sean Kingston Publishing, Canon Pyon 2015, pp. 296, £60.00).
Il volume, curato da Edvard Hviding e Geoffrey White, è un'opera multidisciplinare alla quale hanno contribuito alcuni dei maggiori esperti:
Lissant Bolton, Haidy Geismar, David Hanlon, Rosita Henry, Vilsoni Hereniko, Tarcisius Kabutaulaka, Lamont Lindstrom, Ralph Regenvanu, Graeme Were, Terence Wesley-Smith e Stephen Wickler.
L'opera analizza le risposte innovative ai processi di trasformazione sociale che sono state elaborate in Oceania negli ultimi decenni.
"Pacific Alternatives: Cultural Politics in Contemporary Oceania" si concentra sulla Melanesia, accanto alla quale vengono esaminate alcune isole micronesiane (Palau e Pohnpei), una parte dell'arcipelago figiano (Rotuma) e l'Australia.
Gli autori analizzano i legami fra le percezioni dell'identità culturale e l'affermazione di nuove forme politiche bel contesto delle sfide poste dalla globalizzazione.
Edvard Hviding insegna Antropologia sociale all'Università di Bergen (Norvegia). Esperto dell'area melanesiana, ha svolto una lunga ricerca sul campo nelle isole Salomone. Ha fondato e dirige il Bergen Pacific Studies Research Group; collabora a vari programmi accademici dedicati all'Oceania. Coordina lo European Consortium for Pacific Studies (ECOPAS). Ha pubblicato fra l'altro "Guardians of Marovo Lagoon: Practice, Place, and Politics in Maritime Melanesia" (University of Hawai'i Press, 1996) e curato "Made in Oceania: Social Movements, Cultural Heritage and the State in the Pacific" (Sean Kingston Publishing, 2011) insieme a Knut M. Rio.
Geoffrey White insegna Antropologia alla University of Hawai'i at Manoa. Esperto di temi sociali e culturali oceanici, inclusi quelli legati alla Seconda Guerra Mondiale, aderisce a numerosi organismi accademici. Ha curato fra l'altro "Chiefs Today: Traditional Pacific Leadership and the Postcolonial State" (Stanford University Press, 1997) insieme a Lamont Lindstrom, e "Voyaging in the Contemporary Pacific" (Rowman & Littlefield, 2000) insieme a David Hanlon. Collabora a varie riviste accademiche, fra le quali "The Contemporary Pacific".

Per altre informazioni:

www.seankingston.co.uk

Self-determination - A Double-edged Principle

L'autodeterminazione dei popoli è un tema di rilievo centrale per tutto quello che riguarda le minoranze, le nazioni senza stato e i popoli indigeni. Oggetto di una letteratura molto vasta, questo concetto rimane poco chiaro: per esempio, coincide con il diritto alla secessione? 
Come risolvere il suo contrasto con un altro principio - l'intangibilità delle frontiere attuali - dato che entrambi vengono affermati dalle Nazioni Unite? E ancora: si tratta di un concetto immutabile o deve essere adattato ai tempi?
A queste e ad altre domande cerca di rispondere Self-determination - A Double-edged Principle, il numero monografico che "Ethnopolitics" ha dedicato al tema in questione. Il titolo del fascicolo (XIV, 5, 2015) parla opportunamente di "principio ambiguo".
Fra i numerosi saggi che compongono il numero alcuni meritano particolare attenzione.
Matthew Evangelista si concentra sui legami fra autodeterminazione e violenza (Paradoxes of Violence and Self-determination); Mikulas Fabry
analizza i vari casi in cui l'autodeterminazione viene rivendicata come diritto alla secessione (The Right to Self-determination as a Claim to Independence in International Practice); Matt Qvortrup ci fornisce un'utile retrospettiva dei referendum sull'autodeterminazione che hanno avuto luogo fino al primo Novecento (A Brief History of Self-determination Referendums before 1920); Montserrat Guibernau si concentra invece sui recenti sviluppi del concetto in questione (Self-determination in the Twenty-First Century); Oded Haklai ne analizza l'affermazione nel contesto del diritto internazionale (From Independent Statehood to Minority Rights: The Evolution of National Self-determination as an International Order Principle in the Post-State Formation Era).
Il fascicolo fornisce quindi un prezioso aggiornamento su questo tema centrale.
La rivista "Ethnopolitics", nata come "Global Review of Ethnopolitics", è diretta da Stefan Wolff (University of Birmingham) e Karl Cordell (Plymouth University).

Per altre informazioni:

www.tandfonline.com/toc/reno20/current

This Benevolent Experiment:
Indigenous Boarding Schools, Genocide, and Redress
in Canada and the United States

Alla fine del diciannovesimo secolo, con poche differenze formali, il governo federale statunitense e quello canadese cercarono di risolvere il "problema indiano" con le famigerate boarding schools. Migliaia di giovani indigeni strappati alle proprie famiglie vennero rinchiusi in lontani convitti dove i responsabili facevano di tutto per sradicare la loro cultura: dal divieto di usare le lingue autoctone al taglio dei capelli, dall'imposizione della religione cristiana allo studio di una storia falsificata.  
This Benevolent Experiment: Indigenous Boarding Schools, Genocide, and Redress in Canada and the United States (University of Nebraska Press, 
Lincoln [NE] 2015, pp. 448, $90.00) è il libro dove Andrew Woolford analizza la formulazione del "problema indiano" e le misure che furono prese per risolverlo in due stati delle federazioni nordamericane: il Manitoba per il Canada e il New Mexico per gli Stati Uniti.
L'autore non si limita a mettere in luce l'intenzione genocida che era alla base delle misure suddette, ma evidenzia anche le difficoltà che queste incontrarono quando si trattò di attuarle, cosí come le conseguenze inattese che ne derivarono.   
Nel 2006 il governo canadese ha firmato un trattato che ha istituito una commissione per la riconciliazione e risarcimenti economici per le persone sopravvissute all'esperienza tragica dei convitti.
Ispirato da questa importante novità, il libro paragona i due casi scelti e le diverse modalità con cui i due stati hanno cercato di sanare questa ferita sociale. 
Andrew Woolford insegna Sociologia alla University of Manitoba. Ha scritto il libro "Between Justice and Certainty: Treaty-Making in British Columbia" (UBC Press, 2005) e ha curato insieme ad Alexander Laban Hinton e Jeff Benvenuto "Colonial Genocide in Indigenous North America"  (Duke University Press, 2014).

Per altre informazioni:

www.nebraskapress.unl.edu

Euskel Antiqva:
Le legs musical du Pays Basque

Il violista catalano Jordi Savall è uno dei nomi più autotevoli della musica antica. I suoi dischi, spesso accompagnati da libri, sono opere culturali di grande valore. Per diffondere le proprie creazioni Savall ha fondato l'etichetta Alia Vox, con la quale vuole promuovere anche i lavori di altre formazioni dedite al repertorio antico e barocco.
Un esempio è il CD Euskel Antiqva: Le legs musical du Pays Basque, che inaugura la collana "Diversa". Protagonista è il Euskalbarrokensemble,
una formazione a geometria variabile fondata e diretta da Enrike Solinís Aspiazu, un valido musicista di Bilbao che suona la chitarra e il liuto.
Solinis vanta una lunga esperienza maturata con vari gruppi, fra i quali l'Hesperion XXI, guidato da Savall.
Nel nuovo CD il virtuoso basco guida una formazione di 22 musicisti che suonano chitarra, liuto, organo, percussioni, setar, tiorba, viella,
viola da gamba e strumenti tradizionali baschi.
Fra i 23 brani, composti fra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, troviamo fra l'altro tradizionali baschi, spagnoli e il canto liturgico ebraico "Acuerdo de Judimendi". Un repertorio poco noto che merita molta attenzione, un'esecuzione impeccabile.
Per altre informazioni:

www.alia-vox.com

www.solinis.com

The PKK:
Coming Down from the Mountains

Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), fondato e diretto da Abdullah Öcalan, è il più noto dei movimenti politici kurdi. In Italia buona parte della notorietà di Öcalan è dovuto al'iniziativa spettacolare di Ramon Mantovani, il parlamentare di Rifondazione Comunista che nel 1999 portò in Italia il leader kurdo.
la guerriglia del PKK, iniziata nel 1984, ha causato finora circa 40.000 morti. Negli ultimi anni, però, questo movimento ha optato per una linea politica diversa: l'obiettivo dell'indipendenza e la lotta armata sono stati accantonati. Nel 2013 sono apparsi i primi segnali di un dialogo che sembrava preludere a una soluzione della questione kurda, ma gli attacchi aerei con cui l'esercito turco ha colpito le basi del PKK (luglio scorso) hanno allontanato questa prospettiva.
Nel libro The PKK: Coming Down from the Mountains (Zed Books, London 2015, pp. 224, £12.99) Paul White ripercorre in modo accurato la storia del PKK. Si tratta di un volume molto utile per capire la sua trasformazione da movimento armato a organizzazione politica che propone una soluzione confederale, senza dimenticare i problemi femminili, finora trascurati in omaggio a una radicata tradizione maschilista.
Paul White, Lettore alla Universitas Muhammadiyah Jakarta, ha insegnato Studi mediorientali in varie università. Autore di "Primitive Rebels or Revolutionary Modernizers? The Kurdish National Movement in Turkey" (Zed Books, 2000), fa parte del del Kurdish Institute di Washington.

Per altre informazioni: 

www.zedbooks.net